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De Beers alza il velo sulle vendite di diamanti

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De Beers alza il velo sulle vendite di diamanti

De Beers ha aperto uno spiraglio nella cortina di segretezza che avvolge da sempre l’industria dei diamanti, rivelando per la prima volta l’andamento delle vendite di gemme grezze ai sightholders, quella cerchia ristretta di specialisti - oggi un’ottantina - ai quali la società propone privatamente la sua produzione in dieci incontri l’anno. Il primo appuntamento, almeno in apparenza, è andato bene: De Beers afferma di aver fatturato 540 milioni di dollari, contro 248 milioni dell’ultima vendita del 2015.

La notizia è stata una boccata di ossigeno per AngloAmerican, che possiede l’85% di De Beers e che da quest’ultima ricava ormai un terzo degli utili. Il gruppo minerario - che con il crollo delle materie prime nell’ultimo anno ha perso oltre due terzi di capitalizzazione - ieri è arrivato a guadagnare oltre il 10% alla Borsa di Londra.

De Beers, tuttavia, non rappresenta la panacea di tutti i mali. Se a pesare sul bilancio di Anglo sono stati soprattutto il minerale di ferro, il carbone e il platino, affondati a minimi pluriennali, anche il mercato dei diamanti non è esente da problemi. Nel 2015, secondo WWW International Diamond Consultants, i prezzi delle pietre grezze sono diminuiti del 18%, ai minimi da sei anni. La domanda cinese, che tra il 2009 e il 2013 era cresciuta del 16% l’anno, ha registrato un +6% nel 2014 e un magro +4% l’anno scorso, secondo le stime della stessa De Beers. L’industria europea del taglio contemporaneamente ha sofferto una grave stretta creditizia, in seguito alla chiusura della Antwerp Diamond Bank e al ridimensionamento dell’esposizione al settore da parte di altre banche, come Abn Amro e Standard Chartered.

Le scorte di diamanti grezzi si sono accumulate in eccesso lungo la filiera e tuttora non sono state smaltite del tutto, nonostante le società estrattive abbiano drasticamente tagliato l’offerta. De Beers, il primo fornitore mondiale, ha tagliato per ben tre volte il target di produzione nel 2015, da 34 a 29 milioni di carati. Quest’anno punta ad estrarne 26-28 milioni. Anche Rio Tintoha tagliato l’output, del 10%, mentre il numero due del settore,la russa Alrosa, promette di farlo quest’anno se la situazione non migliorerà.

I prezzi sono stati più volte abbassati da tutti i produttori. De Beers l’ha fatto ripetutamente nelle vendite ai sightholders - compresa l’ultima, quando secondo fonti Bloomberg ci sono stati sconti fino 7% - ma senza ottenere grandi risultati: l’invenduto in alcuni casi ha raggiunto il 40-50 per cento. Questo almeno è il quadro che emerge dalle indiscrezioni, su cui bisognerà continuare a fare affidamento, nonostante la maggior trasparenza adottata dalla società: De Beers ha infatti iniziato a rivelare il ricavato di ciascuna vendita, ma continua a non fornire indicazioni puntuali sui volumi. Nel comunicato di ieri afferma solo che «la domanda si è ampliata a tutta la gamma di prodotti, poiché le imprese di taglio e sfaccettatura hanno cominciato ad accelerare l’attività».

Dopo il buon andamento delle vendite natalizie di gioielleria negli Usa, che tuttora guidano la domanda mondiale di diamanti, l’accelerazione delle vendite di De Beers era comunque attesa dagli analisti. Per il mercato delle gemme preziose, avverte Alon Olsha di Macquarie, «non è necessariamente il segnale di avvio della ripresa».

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