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la giornata dei mercati

Borse, dietro-front in Asia: Tokyo cede il 2,35%, Shanghai crolla del 6,4%

TOKYO - Nuovo dietro-front per le Borse asiatiche, in parallelo a un ritorno di debolezza dei prezzi petroliferi (ridiscesi sotto i 30 dollari al barile) che rilancia i timori sulla crescita globale e ha fatto arretrare già ieri Wall Street. A Tokyo l'indice Nikkei ha esordito con un ribasso di oltre il 2% ed e' poi oscillato sempre in sensibile calo fino a chiudere in negativo del 2,35% a 16.708,9 punti, mentre lo yen e' tornato a rafforzarsi leggermente sul dollaro. Sotto pressione i titoli finanziari e quelli automobilistici, mentre le azioni di Toshiba sono scese ai minimi dal 1980 sulle indiscrezioni secondo cui saranno contabilizzati oneri straordinari per circa 160 miliardi di yen relativi alla divisione americana Westinghouse.
Gli investitori tengono un atteggiamento molto prudente in anticipazione del meeting di due giorni della Federal Reserve che inizia oggi: piu' che nuove decisioni, si scrutinera' ogni indicazione di linguaggio che possa offrire qualche lume sul futuro ritmo della manovra in corso di normalizzazione dei tassi da parte dell'istituto centrale americano.

C'e' attesa anche per le decisioni della Banca del Giappone, attese per venerdi'. Il ministro delle politiche economiche e fiscali Akira Amari ha sottolineato che, a differenza della Banca centrale europea, la Banca del Giappone tende a non segnalare al mercato in anticipo le sue mosse. Amari, peraltro, e' sotto tiro per l'emergere di uno scandalo di finanziamenti irregolari che potrebbe costringerlo alle dimissioni: giovedì' dara' le sue spiegazioni finali.
Intanto dopo la prima (la Cina), anche la quarta economia asiatica va incontro a una sensibile frenata: il Prodotto interno lordo della Corea del Sud nel quarto trimestre e‘ salito solo dello 0,6% sul trimestre precedente, leggermente al di sotto delle attese, Nell'intero 2015 la crescita di Seul e' rallentata al 2,6%.

La borsa di Shanghai questa mattina ha chiuso in calo del 6,15%. È «panic selling» nonostante la banca centrale cinese abbia iniettato 67 miliardi di dollari nel sistema finanziario attraverso meccanismi di finanziamento a breve termine per evitare una possibile crisi di liquidità a ridosso delle festività per il capodanno lunare. I nuovi cali del prezzo del petrolio, la chiusura al ribasso di Wall Street e l'attesa per l'inizio delle festività cinesi hanno spinto gli investitori alle vendite.

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