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Nell’Opec cresce la tentazione di un vertice straordinario

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Nell’Opec cresce la tentazione di un vertice straordinario

Il mercato inizia a crederci. Dopo che il petrolio è scivolato sotto 30 dollari al barile, le aperture verso la possibilità di un taglio di produzione coordinato, tra Paesi Opec e non, hanno continuato a moltiplicarsi. Forse sono soltanto chiacchiere, ma ieri hanno dato un contributo al recupero delle quotazioni - ormai supervolatili - del barile: il ribasso del 6% di lunedì è stato quasi cancellato, con il Brent che si è di nuovo spinto oltre 32 dollari.

Il ministro del Petrolio iracheno ha fatto affermazioni suggestive: «Abbiamo visto più flessibilità dai fratelli sauditi e un cambiamento di tono in Russia», ha detto Adel Abdul Mahdi. Ma per convocare un vertice straordinario dell’Opec «tutto questo dovrebbe essere finalizzato». «Bisognerebbe sentire qualche suggerimento concreto dalle parti o almeno dall’Opec».

Ventiquattr’ore prima dal ministro del Qatar Mohammed al-Sada era arrivata la prima conferma che l’Opec ha ricevuto e «sta valutando» la richiesta di un incontro di emergenza, presentata dal Venezuela, dalla Nigeria e forse, con più discrezione, anche da altri membri.Intanto una nuova apertura è arrivata dai russi: Leonid Fedun, vicepresidente di Lukoil (che estrae circa 2 milioni di barili al giorno) ha detto alla Tass di auspicare un taglio congiunto Opec-Russia e di essere a conoscenza del fatto che l’Iraq - che in dicembre ha spinto la produzione al record di 4,2 mbg - è disposto a ridurre di 300-500mila bg. Offerte di collaborazione ai tagli erano arrivate in precedenza anche da Oman e Azerbaijan.

All’interno dell’Organizzazione degli esportatori di greggio ci sono comunque tuttora parecchie resistenze. «La strategia dell’Opec sta funzionando come previsto - ha ribadito ieri il kuwaitiano Anas al-Saleh, ministro delle Finanze e a interim del Petrolio - Noi pensiamo che finora abbia funzionato bene». Al-Saleh ha aggiunto che il suo Paese è pronto a fronteggiare un periodo lungo di ribassi del greggio e che il Governo si appresta a redigere un nuovo budget con un prezzo di 20 dollari al barile, invece dei 45 $ previsti lo scorso luglio. Il governatore Opec del Kuwait, Nawal al-Fuzala, ha rincarato la dose: «I prezzi saranno più alti dei livelli attuali tra il 2020 e il 2030, ma fino al 2020 la situazione sarà difficile».

Anche la Banca mondiale è pessimista sui tempi di ripresa delle quotazioni del barile: saranno più lunghi, prevede, di quanto furono dopo il crollo del 1985. L’istituzione finanziaria ha tagliato le stime sul prezzo (che rappresenta una media di Brent, Wti e Oman) a 37 dollari al barile per il 2016, dai 51 $ previsti in precedenza, e 48 $ per il 2017. Nel 2018 si dovrebbe ritornare a 51 $, il prezzo medio dell’anno scorso.

La Banca mondiale vede nero anche per le altre materie prime: ci saranno ribassi del 3,7% per quelle non energetiche quest’anno, con un -10,2% per i metalli. Le previsioni sono state abbassate per 37 commodities su 46, a causa del peggioramento delle prospettive sulla domanda nei Paesi emergenti.

twitter.com/SissiBellomo

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