Finanza & Mercati

Non solo Giappone. Ecco che cosa succede quando i tassi vanno sottozero

  • Abbonati
  • Accedi
dopo la DECISIONE della bANCA CENTRALE

Non solo Giappone. Ecco che cosa succede quando i tassi vanno sottozero

Pagare per prestare denaro o anche per lasciarlo in deposito è uno dei paradossi più evidenti di questa era finanziaria in cui viviamo ormai da tempo. Lo sperimentiamo quasi ogni giorno vedendo tassi negativi sui titoli di Stato o su alcuni bond aziendali e ce lo ha ricordato anche la decisione di questa notte con cui la Banca del Giappone (BoJ) ha abbassato a -0,1% il tasso sui depositi in eccesso che le banche nipponiche lasciano in giacenza presso di essa: in pratica si deve pagare per «parcheggiare» la liquidità e con una mossa simile si spera di disincentivare la «sosta» per rimettere in circolo quel denaro, magari per nuovi prestiti a famiglie e imprese.

Il precedente di Draghi
Tokyo non è certo la prima ad adottare una misura simile, non ortodossa, di politica monetaria, che qualcuno fra gli economisti chiama anche «mossa della disperazione». Ci ha già pensato da tempo la Bce fra le grandi banche centrali (Federal Reserve e Banca d’Inghilterra hanno invece ridotto i tassi a zero, non sono scesi oltre): era il giugno del 2014 quando Mario Draghi ha portato per la prima volta la remunerazione sulla cosiddetta deposit facility sottozero. Poi ci sono stati interventi successivi che hanno ridotto il tasso fino a -0,30%, ma non basta perché adesso il mercato punta a un’ulteriore sforbiciata allo 0,40% già il prossimo 10 marzo come dimostra anche la continua riduzione dei tassi dei bond europei (oggi il biennale tedesco è ai minimi storici e sfiora il -0,50%).

La variabile valutaria
Gli effetti sono sotto gli occhi di tutti, se si guarda alle distorsioni sui mercati obbligazionari appena ricordate (anche l’Italia, con i suoi BoT e BTp ha ormai i suoi bei rendimenti negativi), ma anche e soprattutto quando si pensa alle valute. Le banche centrali infatti non lo ammetteranno mai, ma le mosse sui tassi servono soprattutto per mascherare «svalutazioni competitive» del cambio particolarmente utili per ridare slancio a un’economia stagnante. Non è infatti un caso se l’euro è iniziato a scendere davvero nei confronti del dollaro quando i tassi dell’Eurozona sono finiti in negativo e se la BoJ ha tagliato proprio adesso, dopo che lo yen si è pericolosamente apprezzato nelle ultime 5 settimane.

Svezia, Danimarca e Svizzera, quando i «piccoli» cercano di sopravvivere
Ma da mossa nasce contromossa, è inevitabile, così in quella che molti chiamano «guerra delle valute» potrebbe essere la Banca del Popolo cinese a effettuare la prossima mossa, tornando a svalutare lo yuan con il rischio di scuotere i mercati come è avvenuto un mese fa e lo scorso agosto. Del resto anche Svezia, Danimarca e Svizzera - i «precursori» del tasso sotto zero - hanno messo alla base delle proprie mosse la difesa del cambio con l’euro e in alcuni casi lo hanno fatto anche con clamore.

I dubbi sull’efficacia dell’intervento sull’economia reale
I tassi in questi Paesi sono ancora più bassi: -0,35% in Svezia, -0,65% in Danimarca e addirittura -0,75% in Svizzera e in alcuni casi i loro effetti si sono già trasmessi anche alla clientela, con situazioni paradossali in cui da una parte ci si è trovati a pagare per depositare il denaro e dall’altra (come in Danimarca) a ricevere del denaro quando si prendono a prestito fondi per acquistare un’abitazione. Al di là di questi casi singolari, l’impatto sull’economia reale e sui prestiti resta invece ancora tutto da verificare. Ma questo, probabilmente, per le banche centrali è soltanto un piccolo particolare.

© Riproduzione riservata