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Una girandola da 200 milioni

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Luxottica, tre Ceo in 18 mesi. Una girandola da 200 milioni

«Valzer delle panchine» è un’espressione cara agli aficionados del calcio. Ora potrebbe diventarlo anche nel mondo della finanza. In Luxottica, unica vera multinazionale che l’Italia vanta (assieme a poche altre come Salvatore Ferragamo, Autogrill, Prysmian), in appena 18 mesi sono stati “bruciati” tre amministratori delegati (con cinque riassetti in totale). E la girandola dei top manager costa caro, oltre che lasciare l’amaro in bocca per una governance che torna al passato: più di 200 milioni, calcolando compensi, buonuscite e stock option ai vari numeri uno che si sono succeduti sulla poltrona che per un decennio è stata di Andrea Guerra, passato velocemente per Palazzo Chigi - come consulente di Matteo Renzi - e ora approdato alla Eataly di Oscar Farinetti. Più di dieci anni fa il patron Leonardo Del Vecchio ebbe la lungimiranza e il coraggio di separare proprietà e management. Era un’innovazione mai vista a Piazza Affari. Per la prima volta una grande azienda divideva gli azionisti da chi gestisce: Del Vecchio fece un passo indietro scegliendo Guerra, reduce dai successi riscossi a Fabriano con la (ormai ex) Indesit della famiglia Merloni.

Dieci anni dop però, Luxottica fa marcia indietro: si torna all'azienda “padronale” dove l'azionista è il dominus e detta la linea. Il Ritorno al Passato non piace per niente al mercato, e presenta un conto salatissimo per le casse dell'azienda. Di sole buonuscite, si legge nel bilancio 2014, Luxottica ha pagato 20 milioni a Guerra ed Enrico Cavatorta. Il turbolento addio di Guerra, nel mezzo del Ferragosto del 2014, è costato 180 milioni. L'uomo che ha fatto raddoppiare la capitalizzazione di Luxotticca percepiva un compenso di 4,4 milioni l'anno: all'uscita, lui aveva esercitato stock option (per 33 milioni) e azioni assegnate da Luxottica (per 133 milioni). In più la società gli aveva riconosciuto 600mila euro per ottenere una manleva; e altri 800mila come patto di non concorrenza.
L'anno e mezzo che ha riportato le lancette dell'orologio Luxottica indietro di un decennio, ha anche frantumato due record: le dimissioni più brevi e il compenso più alto per un singolo anno. Enrico Cavatorta, nominato co-ad assieme a Massimo Vian dopo l'uscita di Guerra, lasciò dopo appena un mese: per 30 giorni di lavoro ha intascato 1 milione come manleva, più 4 di buonuscita. A cui si aggiungono 20 milioni da azioni assegnate (vendute dal 2012 al 2014). Adil Khan, che ha sancito la fine della diarchìa ad Agordo, passerà invece alla storia come il più pagato: poco meno di 20 milioni per appena un anno di incarico. Sul ponte di comando di Luxottica era arrivato, ufficialmente, il 19 gennaio 2015 (anche se la scelta risaliva all'autunno del 2014). Per strapparlo all'americana P&G (che produce dai detersivi Dixan allo shampo Pantene), Luxottica pagò 9 milioni di «Entry Fee». Ne ha sborsati altrettanti (7 milioni) come buonuscita la settimana scorsa; più uno stipendio di circa 2-3 milioni.

Nelle banche d'affari hanno storto il naso di fronte all'ennesimo ricambio. Tutte, ieri, hanno abbassato i loro giudizi sulla casa di occhiali, da Citigroup al broker Kepler-Chevreux. Fino a Goldam Sachs, che consiglia addirittura di «Vendere» il titolo. Il malumore serpeggia anche perché il nuovo passo indietro, che Del Vecchio ha spiegato con la necessità di rendere l'azienda più dinamica, coincide anche con numeri tra luci e ombre. Le luci, notavano ieri gli analisti di Equita, sono i 9 miliardi di fatturato; le ombre sono il rallentamento in Nord America. Nel quartier generale di Milano i volti sono scuri. I dipendenti, raccontano alcune fonti, sono preoccupati. Luxottica è una corazzata: ma cinque ribaltoni in un anno e mezzo sono tanti anche per una corazzata.

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