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Cina, battaglia a difesa dello yuan. Riserve valutarie ai minimi dal…

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la guerra delle valute

Cina, battaglia a difesa dello yuan. Riserve valutarie ai minimi dal 2012

Il nuovo, ennesimo, segnale di allarme è suonato seppure meno forte del previsto. Le riserve valutarie della banca centrale cinese, per anni in continua e inarrestabile ascesa hanno riportato a gennaio un nuovo calo tornando ai livelli del 2012 sebbene il ribasso (di 99,5 miliardi a quota 3230 miliardi) sia stato minore delle attese.

La settimana di vacanze al via domani per la festività del Capodanno cinese (inizia l'anno della Scimmia) darà un poco di respiro alle autorità di Pechino dopo le turbolenze dei mercati delle scorse settimane per cercare di organizzare le misure in grado di ravviare la crescita, stabilizzare il mercato dei cambi e frenare il deflusso di capitali.

Nel frattempo le aziende cinesi continuano a comprare all'estero per diversificare la fonte dei loro ricavi con una serie di operazioni che secondo alcune stime sono arrivate a già a 70 miliardi di dollari quest'anno. Dopo la maxi offerta della statale ChemChina per la svizzera Symgenta l'ultima acquisizione che ha generato qualche dubbio negli Stati Uniti è quella dello storico Chicago Stock Exchange da parte di un costruttore cinese, il Casin Group, ben connesso con il sistema politico locale e che di recente ha espanso le sue attività nelle banche e assicurazioni.

Certo la Borsa di Chicago benché vanti 134 anni non va confusa con il mercato delle materie prime basato nella stessa città (Cbot) ed è un soggetto minore rispetto ai giganti Nyse e Nasdaq con una quota di mercato piccola (0,5% del volume di scambi totali degli Usa) ma potrebbe essere il trampolino di lancio delle aziende cinesi verso il mercato Usa e viceversa.

La decisione dei soci (fra cui Goldman Sachs, JpMorgan e Bank Of America) di cedere potrebbe comunque andare incontro a critiche e ostacoli da parte delle forze politiche come già avvenuto ad esempio all'epoca del tentativo della Deutsche Boerse di acquistare il Nyse nel 2011. In attesa di una reazione la Cina continua comunque a restare al centro dell'attenzione di governi, banche centrali e dei mercati.

La Banca Centrale cinese grazie appunto alla serie di misure restrittive imposte sui cambi e per arginare il deflusso di capitali è riuscita a intaccare le riserve meno del previsto a gennaio. Secondo alcuni analisti come quelli di Ihs Global ad esempio tuttavia il tasso rapido di caduta visto “nei mesi recenti è semplicemente insostenibile” anche per un colosso come la banca centrale cinese e si rischia che i mercati “scommettino su una sua capitolazione forzata una volta che le riserve siano esaurite”.

Malgrado l'obiettivo resti poi sempre quello di arrivare a quotazioni fissate dal mercato la banca centrale è intervenuta più volte vendendo dollari dopo le forti turbolenze che hanno colpito i mercati azionari a seguito dei dati sempre più negativi sullo stato dell'economia del paese. L'istituto ha svalutato la moneta a inizio anno, dopo averlo fatto ad agosto 2015, cercando poi di stabilizzare il mercato anche attraverso una serie di provvedimenti restrittivi e minacce di sanzioni con un comportamento da alcuni definito contraddittorio.

Da inizio anno lo yuan è sceso dell'1,24% a 6,5755 sul dollaro, e secondo la media degli analisti potrebbe scendere fino a 6,76. Si vedrà se le autorità riusciranno a gestire la situazione senza porre nuovi controlli sui capitali che potrebbero andare contro la recente conquista del paese di veder ammessa la propria valuta nel paniere doi riferimento dell'Fmi

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