Aveva promesso che mai avrebbe abbandonato la politica di distribuire dividendi sempre più alti. Invece Rio Tinto l’ha fatto: a sorpresa ha annunciato che nel 2016 dimezzerà la cedola, rispetto ai 2,15 dollari per azione confermati per il passato esercizio, che si è chiuso con una perdita netta di 866 milion di dollari. Il mercato l’ha presa come una dichiarazione di pessimismo sul futuro delle materie prime e il gigante minerario è stato punito in Borsa a Londra con un tonfo del 9%, che ha trascinato in pesante ribasso tutti i titoli del settore.«È il segnale di un cambiamento drammatico dell’outlook tanto della società quanto del settore», è il stato il commento a caldo di Citigroup.
Rio era considerata la più solida tra le grandi società estrattive e nessuno si aspettava una mossa così radicale, nonostante molti concorrenti - da AngloAmerican a Glencore a Vale - l’avessero già fatta e nonostante il taglio del dividendo sia considerato inevitabile per la rivale più diretta, Bhp Billiton, che presenterà i risultati il 23 febbraio.
Il ceo di Rio Tinto, Sam Walsh, ha tuttavia ottime giustificazioni per tradire le promesse agli azionisti. E le sue argomentazioni sono allarmanti, anche se l’intervento rassicura sulle sorti della società, che ha probabilmente difeso il rating e ora si può addirittura permettere di dire che sta valutando acquisizioni.
«Se il 2015 è stato un anno volatile il 2016 si profila ancora più difficile», ha dichiarato Walsh, ammettendo di aver sopravvalutato la forza dei consumi cinesi, ai quali Rio vende la maggior parte del minerale di ferro che estrae (e dal quale deriva la maggior parte degli utili). Proprio il minerale di ferro ha pesato in modo particolare sul bilancio, chiuso in rosso per 866 milioni di dollari, contro un profitto di 6,5 miliardi del 2014. Ci sono state svalutazioni per 1,8 miliardi, legate soprattutto alla miniera Simandou in Guinea, oltre a pesanti perdite su attività di trading e valute.
«Il gioco è cambiato - ha affermato il ceo Walsh - Abbiamo osservato un rapido declino dei prezzi delle materie prime e stiamo muovendoci in modo proattivo, assumendo la leadership nel rispondere a questa situazione. Il nostro business non si alimenta a speranze e in futuro il livello dei dividendi dipenderà dalla condizioni di mercato».
«Con la persistente incertezza degli scenari - gli ha fatto eco il presidente della società, Jan du Plessis - il board ha ritenuto che mantenere la politica progressiva dei dividendi avrebbe frenato la nostra attività, andando contro l’interesse degli analisti».
Rio Tinto ha promesso di intervenire ulteriormente anche sui costi, nonostante assicuri di aver già fatto «miracoli»: le spese, tagliate di 1,3 miliardi di $ l’anno scorso, oltre gli obiettivi, scenderanno di altri 2 miliardi nei prossimi due anni, mentre gli investimenti (capex) saranno ridotti di altri 3 miliardi nel biennio.
La mineraria però si riserva a questo punto la possibilità di fare qualche acquisizione. «Sul mercato al momento non c’è ancora niente che ci interessi», ha detto Walsh. Ma basta aspettare: «Vedremo molte società in condizioni di distress, non solo tra quelle piccole e medie».
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