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I fondi bussano a Technogym

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I fondi bussano a Technogym

  • –Simone Filippetti

Niente sbarco in Borsa per Technogym? Almeno nel breve termine. Il Re del Fitness Nerio Alessandri potrebbe non portare più la multinazionale del fitness (90% dei ricavi fuori d’Italia) a Piazza Affari. In alternativa, potrebbe essere valutato l’ingresso nel capitale di un nuovo socio di minoranza.

Secondo quanto risulta al Sole 24 Ore, sarebbe infatti in corso un processo di esplorazione di possibili candidature arrivate da alcuni fondi di private equity e fondi sovrani, interessati a valutare un investimento, di minoranza, in Technogym, uno dei colossi mondiali delle attrezzature da palestra. In campo ci sarebbero quattro soggetti finanziari che avrebbero firmato un memorandum per essere ammessi a questo processo di valutazione. Tra i soggetti figurerebbero il fondo di Singapore Temasek e il private equity scandinavo Eqt, che fa capo alla famiglia di imprenditori svedesi Wallenberg, azionisti di multinazionali come Ericsson, Electrolux e Abb.

Insomma, l’interesse c’è anche se è tutto da vedere se si concretizzerà perché l’azienda non ha ancora deciso se abbandonare o meno il processo di Ipo e i nodi di un eventuale investimento di minoranza restano la governance proposta e i tempi di wayout. Ma non poteva Technogym fare come Ferrovie che ha semplicemente rinviato l’Ipo a tempi migliori? No, perché, e qui entra in ballo il socio di minoranza, il fondo Arle avrebbe una clausola, inserita nei patti parasociali, che lo obbliga a uscire entro giugno. Arle ha «ereditato» la quota di Technogym da Candover, una delle tante vittime dello sboom della bolla finanziaria (per il maxi-investimento negli yacht Ferretti, oggi in mano ai cinesi). Borsa o vendita a un altro compratore, poco cambia per Arle: interessa solo monetizzare l’investimento, da troppo tempo in portafoglio. Alla fine sceglierà la strada che garantirà l’incasso maggiore. Cambia invece per Alessandri perché nel primo caso tutta l’azienda sarebbe quotata e Alessandri entrerebbe in Borsa, coronando anche un sogno imprenditoriale. Nel secondo caso sarebbe solo un cambio di casacca dell’azionista di minoranza. Fuori Arle, dentro uno dei quattro fondi in trattativa.

Ipo o secondary buyout sono comunque entrambe strade tortuose, al momento: i mercati sono in piena tempesta con Piazza Affari che ha perso il 25% in un mese. Allo stesso tempo trovare un compratore per una quota molto consistente, ma che rimane di minoranza (perché Alessandri vuole i pieni poteri in azienda), non è altrettanto facile. Ma il tempo stringe per Arle: entrato nel 2008, quando ancora si chiamava Candover, il fondo è arrivato in Zona Cesarini perché in mezzo ci sono stati il crack Lehman, la crisi finanziaria, la recessione in Italia e in Europa, e infine passaggio di proprietà del fondo stesso.La scorsa estate, quando hanno iniziato a circolare i rumors su una possibile quotazione di Technogym, giravano valutazioni ufficiose attorno al 1 miliardo per l’azienda: il 2014 Technogym ha fatturato 466 milioni (con un rialzo del 13%), ha un margine di 65 milioni e debiti per 57. Vale a dire circa 15 volte il mol.

Alessandri ha sempre tenuto un basso profilo sul dossier Piazza Affari, limitandosi a dichiarare che è uno dei progetti e che non c’è ancora nulla di deciso. Al lavoro, però, ci sono già da tempo alcune banche d’affari: Goldman Sachs e Mediobanca. Negli uffici delle due banche d’affari, secondo quanto si apprende, si continua a lavorare alla quotazione. Par di capire che si portino avanti le due opzioni, Borsa o passaggio di mano, parallelamente: il cosiddetto “dual track”. Nel caso di ingresso di un private equity, in minoranza al posto di Arle, si tratterebbe comunque di una soluzione-ponte in vista della quotazione in Borsa, che resta la strada maestra.

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