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Francesi all’attacco, Italia crocevia

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Francesi all’attacco, Italia crocevia

Creare un grande gruppo integrato di telecom, media e produzione di contenuti. Un gruppo leader sul mercato del Sud Europa. Con un core business in Francia e Italia e propaggini importanti in Spagna, Africa e America latina. È questo l’obiettivo di breve-medio periodo che Vincent Bolloré ha fissato per Vivendi e che è stato ribadito, con qualche annuncio e qualche aggiornamento, giovedì scorso in occasione della presentazione dei risultati.

Gli annunci hanno riguardato l’accordo con Bein Sports per la distribuzione esclusiva in Francia dei canali della pay tv del Qatar e l’Opa sul produttore di giochi per smartphone Gameloft. Gli aggiornamenti il fatto che sia «in fase avanzata la trattativa con Telefonica (di cui Vivendi possiede lo 0,95%) per lanciare in autunno un servizio di video per smartphone in America Latina».

di Marco Moussanet

Mentre è stato ribadito che «nel quadro della sua politica di sviluppo nel mondo latino, Vivendi sta esaminando opportunità d’investimento in numerose società di produzione in Europa del Sud». Come il gruppo francese ha già fatto con l’acquisizione del 26,2% di Banijay-Zodiak (per 290 milioni) e come è confermato dall’interesse per Cattleya.

Certo, c’è chi si interroga su quello che a primo acchito potrebbe sembrare un comportamento schizofrenico da parte di Vivendi. Che dopo aver venduto le sue attività nelle tlc (Gvt, Maroc Télécom, Sfr) e nella produzione di videogiochi (Activision) ora riparte nella stessa direzione con Telecom Italia e Gameloft (ma anche Ubisoft, altra società della galassia Guillemot, imprenditori bretoni come Bolloré). Dimenticando che solo tre anni fa Vivendi era alle prese con un debito colossale (oltre 13 miliardi) e nel mirino delle agenzie di rating.

Tre anni più tardi, Vivendi si ritrova, è vero, con un fatturato ridotto di due terzi (il che peraltro non è necessariamente un elemento negativo) ma con una tesoreria disponibile di 6,4 miliardi. Un gruppo cioè più piccolo e compatto con risorse finanziarie adeguate per ripartire all’attacco. E soprattutto un uomo solo al comando, appunto Bolloré, che in pochi mesi ha già dimostrato di avere in testa una strategia chiara – finalizzata come sempre alla massima creazione di valore - e di essere disposto, per realizzarla, ad abbattere qualsiasi ostacolo. Basti vedere la maniera forte con cui sta affrontando la crisi di Canal+ sul mercato francese e il brutale cambio della guardia a Universal Music France.

Un percorso in cui l’Italia – Paese che Bolloré conosce bene, dove occupa da tempo posizioni cruciali e in cui ha alleati importanti - ha ovviamente un ruolo chiave. Se quindi non ci sono conferme ufficiali (ma neppure smentite), l’operazione Mediaset Premium «fa parte delle cose immaginabili», come ha detto a Le Monde una «fonte vicina al dossier». E probabilmente molto più che «immaginabili», visto che i due gruppi starebbero discutendo dei dettagli finanziari. Nella stessa direzione vanno il rafforzamento ulteriore in Telecom Italia (al 22,8%) e l’attenzione che Vivendi mostra di avere nei confronti delle società di produzione. Non solo e non necessariamente televisiva, visto che al quartier generale di Vivendi sono convinti che un pezzo importante di futuro sarà quello della produzione di contenuti specifici per la telefonia mobile.

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