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Eni: il mini-greggio manda i conti in rosso per 8,8 miliardi ma la…

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DIVIDENDO DI 0,80 EURO PER AZIONE

Eni: il mini-greggio manda i conti in rosso per 8,8 miliardi ma la cedola è confermata. Vola il titolo

I riflettori del mercato, in un contesto ancora molto deteriorato in cui il prezzo del barile sta tentando una complicata risalita, erano puntati sul dividendo e sulle performance operative ed Eni non ha tradito le aspettative su quel fronte confermando gli 0,80 euro per azione nel 2015 (a fronte degli 1,12 euro nel 2014) di cui 0,40 distribuiti nel settembre a titolo di acconto. Ma i numeri del preconsuntivo mandati in archivio oggi, con la fotografia dell’ultimo trimestre, scontano tutte le difficoltà del settore, zavorrato dall’andamento del greggio. Difficile fare previsioni sul futuro che potrebbe essere ancora molto fosco tanto che il management di Eni vuole proseguire sulla strada della rimodulazione degli investimenti, per rispondere al trend ribassista del prezzo del petrolio, con un taglio di un ulteriore 20% nel 2016.

Il 2015 per Eni si chiude quindi con un risultato operativo adjusted su base stand alone - i conti, chiarisce il gruppo nella nota diffusa in mattinata, sono stati calcolati considerando prevalentemente le continuing operations e tenendo fuori sia l’ingegneria e costruzioni (Saipem) che la chimica (Versalis) -, pari a 4,1 miliardi nel 2015 (-64%, 0,86 miliardi nel trimestre, -64%), il risultato netto adjusted si è invece attestato a 0,34 miliardi nel 2015 (-91%, -0,20 miliardi nel trimestre). Quanto al risultato netto l’asticella per il 2015 si è fermata a -7,79 miliardi nel 2015 (-6,89 miliardi nel trimestre) per effetto di svalutazioni indotte dallo scenario petrolifero adottato.

Il gruppo di Descalzi ha di conseguenza ridotto a breve lo scenario della quotazione del greggio da 63 dollari al barile (Brent europeo) a 50 dollari, contro i valori attuali di 35 dollari e ha pagato, come tutte altre major petrolifere, lo scotto del crollo del calo prezzo che, solo nel quarto trimestre, ha impattato per 1,9 miliardi di euro. Tornando ai numeri, il risultato netto complessivo è negativo per -8,82 miliardi nel 2015 (-8,46 miliardi nel trimestre), mentre l'indebitamento finanziario netto ammontava a 16,86 miliardi a fine dicembre, con un leverage a 0,31.  Ma il Cane a sei zampe calcola già, nel pro-forma, i positivi effetti del deconsolidamento di Saipem portato avanti in questi mesi con la cessione del 12,5% della società a Fsi e l’impatto sull’esposizione della capogruppo. Che, dunque, al 31 dicembre 2015, beneficerà di una ulteriore contrazione di 4,8 miliardi per effetto dell’operazione Saipem, con un leverage che scende a 0,22.

In Borsa il titolo registra una performance molto positiva - con un rialzo superiore al 5% -, che è da ascrivere alla conferma del dividendo ma anche ai primi report degli analisti tutti concordi nel riconoscere che la ricetta messa in campo dal gruppo per contrastare il mini-barile ha dato i suoi frutti in questo preconsuntivo. Che registra, va detto, una robusta generazione di cassa con un cash flow operativo pari a 4,01 miliardi di euro nel trimestre (12,19 miliardi nel 2015) , nonostante appunto la caduta del prezzo Brent (-43% sul trimestre 2014 e -47% nell’anno), un miglioramento dell’obiettivo di autofinanziamento del capex conseguito nel 2015 in presenza di uno scenario Brent a 50 dollari al barile (contro i 63 dollari programmati nel periodo 2015-2016), una conferma dell’efficacia del piano di efficientamento dei costi implementato con forza da Descalzi fin dal suo arrivo al vertice (capex -17% contro il target iniziale del -14% e, soprattutto, un consistente taglio del costo di estrazione per barile, a -13% contro l’obiettivo fissato in origine del -7).

Confortano, poi, il mercato anche i dati che arrivano dalla produzione dove la crescita ha segnato nel trimestre un +14% con un plateau di 1,88 milioni di barili al giorno, il più elevato degli ultimi 5 anni, mentre nell’anno il livello è a +10% (contro un target iniziale del 5%), a 1,76 milioni. Sul fronte dell’esplorazione, corroborato dai benefici effetti del super-giacimento egiziano di Zohr, si registrano 1,4 miliardi di barili olio di nuove risorse nell’anno (contro lo 0,5% del target) iniziale a un costo unitario per barile di 0,7 dollari e un tasso di rimpiazzo organico delle riserve del 148% (135 media dal 2010). Accanto ai buoni segnali che arrivano dall’E&P, l’Eni evidenzia anche le positive performance degli altri business con il Refining&Marketing che ha segnato un Ebit adjusted e un free cash flow positivi, in anticipo rispetto al piano strategico, mentre l’Ebit adjusted 2015 del Gas&Power, in linea con le previsioni, si avvia a raggiungere il breakeven.

Soddisfatto il numero uno del gruppo, Claudio Descalzi. «Eni nel 2015 ha conseguito - spiega - risultati fondamentali nel processo di trasformazione che vedrà il gruppo sempre più focalizzato sul core business oil&gas e sempre meglio organizzato per competere in un mercato a bassi prezzi dell’energia riflesso nello scenario Eni che si allinea ad un consensus di mercato conservativo. Il complesso processo di deconsolidamento di Saipem si è ora concluso, a soli quattro mesi dal suo avvio, e ha portato nelle casse di Eni entrate nette per 4,8 miliardi, mentre i piani di efficientamento e di razionalizzazione delle spese hanno fatto registrare risultati migliori delle attese». L’ad ha poi posto l’accento sulle misure da implementare nell’anno in corso. «Nel 2016, come lo scorso anno, stiamo proseguendo velocemente nel processo di trasformazione di Eni, con l’obiettivo di rendere il gruppo ancora più forte e in grado di operare sempre meglio in questo difficile contesto mantenendo solide aspettative di crescita».

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