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Intesa vara il super consiglio In assemblea i fondi con il 39%

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Intesa vara il super consiglio In assemblea i fondi con il 39%

TORINO - Intesa Sanpaolo dà l'addio al duale che l'aveva vista nascere e abbraccia il monistico con il consenso, plebiscitario, dei soci: il 98,95% dei presenti all'assemblea straordinaria, dove ha partecipato il 62,7% del capitale. Cifra alta ma non da primato, invece un record è arrivato dagli investitori internazionali: si sono presentati con il 39,1% del capitale (l'altro 23,6% era delle Fondazioni, in calo), segno tangibile di cosa è la banca oggi e indicazione chiara di quello che sarà e potrà essere in futuro, a partire dal rinnovo degli organi atteso tra due mesi esatti.

È cambiato l'azionariato, ormai per i due terzi internazionale, si è allargato all'Europa il contesto competitivo e ma anche la vigilanza, ora la banca cambia anche il suo statuto, «per arrivare ad affermarsi tra le migliori anche sotto il profilo della governance», come ha detto ieri il presidente del Consiglio di Sorveglianza, Giovanni Bazoli. Ora «la messa in atto richiederà un'implementazione accurata,che inizierà dopo questa assemblea» ha ricordato dal canto suo Gian Maria Gros-Pietro, presidente del Consiglio di Gestione, preannunciando un processo che vedrà «Bce e Banca d'Italia seguirci da vicino» e che «necessiterà anche del contributo di chi lo ha ispirato», cioè dello stesso Bazoli che resterà presidente emerito fino al 2019.

Primo passo, si diceva, il rinnovo degli organi di vertice. Che ora vedranno concentrati nel solo cda gestione, supervisione strategica e controllo. Una vera e propria stanza dei bottoni con selezione alla porta: il nuovo statuto approvato ieri specifica infatti che oltre ai requisiti di professionalità e onorabilità richiesti per tutti i componenti del board, andranno nominati almeno quattro consiglieri iscritti al registro dei revisori e i due terzi dovranno essere indipendenti; un'indipendenza “rafforzata” nel caso dei cinque membri del comitato di controllo sulla gestione. Una scelta non casuale visto che chi siederà nel comitato dovrà essere in grado di conciliare due ruoli e responsabilità diversi, quello del gestore - quando siederà in cda - e quello del controllore, quando sarà in comitato. Uomo cardine della gestione sarà naturalmente l'amministratore delegato, che però sarà affiancato da un comitato di direzione aperto ai top manager.
Poste tutte queste premesse, l'implementazione del nuovo statuto non sarà un fatto scontato. E già la stesura delle liste per la nomina del cda sarà un passaggio delicato, considerata la necessità di conciliare i requisiti di professionalità e indipendenza con la natura dell'azionariato: l'affluenza di ieri dei fondi, quasi integralmente rappresentati dallo Studio Trevisan di Milano e seguiti da Sodali per conto della banca, dimostra che l'attenzione degli istituzionali - nonostante l'alleggerimento delle ultime settimane - rimane molto alta, dunque sarà necessario ottenerne il gradimento sia quando ci sarà da depositare le candidature che al momento del voto.

In quest'ottica pare scontata, come da tradizione, una lista targata Assogestioni. Che, stando ai rumor di queste settimane, potrebbe vedere Marco Mangiagalli al primo posto dell'elenco e quindi candidato in pectore a presiedere il comitato di controllo. Trattandosi di istituzionali, la lista dovrebbe essere di minoranza, e quindi puntare a cinque posti nel nuovo consiglio di 19. Ma una parte dei voti in mano ai fondi potrà (e dovrà) andare anche alla lista delle Fondazioni, che da sole oggi non sono in grado di ottenere la maggioranza. Un sostegno, quello degli istituzionali, che potrà essere fornito in fase di voto e non di deposito della lista: questo, almeno, sembra l'orientamento espresso dagli investitori esteri contattati nelle settimane scorse dalla Compagnia di San Paolo, che in qualità di primo socio oltre il 9% sta coordinando i lavori per la costruzione della lista che dovrebbe nominare (almeno) 14 dei 19 consiglieri.

Punto fermo il nome di Carlo Messina per la carica di ceo, Gian Maria Gros-Pietro resta candidato favorito per la presidenza. Tra i soci forti nessuno sembra essersi espresso contro la conferma, tuttavia - a un mese dal termine per il deposito delle liste - manca ancora il via libera definitivo di tutti, a partire dal presidente di Fondazione Cariplo, Giuseppe Guzzetti. In teoria la partita è aperta, tuttavia i i ripetuti accenni alla «continuità» reiterati dal presidente del CdS Bazoli sono stati letti da alcuni osservatori come un invito a evitare colpi di scena.
Per quanto riguarda gli altri nomi, lo schema di massima vedrebbe la Compagnia di San Paolo nominare cinque consiglieri (la conferma più probabile è quella di Gianfranco Carbonato), Cariplo un vice presidente (Marcello Sala in pole, ma è in ballo anche per altre ipotesi e quindi sostituibile da Rossella Locatelli) e due consiglieri, CariPadova un vice presidente (probabilmente Giovanni Costa), Ente Cr Firenze e Fondazione Cr Bologna un consigliere a testa, con quest'ultima che potrebbe nominare Fabio Roversi Monaco, attuale presidente di Banca Imi destinato con ogni probabilità a lasciare il posto a Gaetano Miccichè; l'ultimo posto potrebbe spettare alle piccole fondazioni, scelta però che al momento vedrebbe sacrificata (e scontenta) Padova. Di qui un'ipotesi alternativa, che passerebbe sempre per i fondi: convincerne la stragrande maggioranza a votare per la prima lista, in modo da lasciare Assogestioni sotto al 10% e quindi con solo due consiglieri; in quel caso, tra i 17 della maggioranza ci sarebbe un posto in più per Padova e altri due posti per candidati di elevato standing vicini agli istituzionali. Una mediazione possibile ma non facile, visti i valori in campo. E che richiama, ancora una volta, alla necessità di candidature di prim'ordine.

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