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La Bce prepara nuove misure, occhi puntati su un altro taglio dei tassi

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giovedì il consiglio direttivo

La Bce prepara nuove misure, occhi puntati su un altro taglio dei tassi

Agf
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I dubbi sono pochi: la riunione di marzo del consiglio direttivo della Banca centrale europea si chiuderà con l’avvio di nuove misure. Quasi sicuramente un ulteriore taglio dei tassi sui depositi delle banche presso la Bce, già negativi (-0,30%), forse accompagnato dall’annuncio che in futuro, e dopo ulteriori ritocchi, queste condizioni si applicheranno solo a una parte delle riserve. Non è poi escluso un ampliamento della politica degli acquisti di titoli (oggi 60 miliardi al mese fino a marzo 2017), che però potrebbe offrire qualche difficoltà tecnica.

A suscitare dubbi non è questo aspetto. La Bce è da sempre pronta a fare di più. L’inflazione però è ancora bassissima, persino negativa - ha toccato il -0,2% a febbraio - e se il ritorno temporaneo del segno meno era stato previsto dalla Bce a gennaio, la flessione delle aspettative di inflazione è un segnale pessimo. Misurate dagli swap («sull’inflazione a cinque anni attesa cinque anni dopo») , sono calate all’1,8% di dicembre e hanno raggiunto un minimo all’1,4% a febbraio, e il successivo recupero è stato solo marginale: ora puntano all’1,5%, non di più. Se non vuole attribuire tutta la flessione ai premi al rischio e alla liquidità, la conclusione è immediata: è l’efficacia delle misure della Bce a essere in discussione.

I numeri non sono brillanti. Secondo i calcoli della Banca dei regolamenti internazionali di Basilea i tassi ufficiali reali - al netto dell’inflazione core - di Eurolandia sono negativi almeno dal 2011 (con qualche episodio già nel 2010). Il quantitative easing è partito un anno fa esatto - il 9 marzo 2015 - e ha già portato all’acquisto di titoli per 774 miliardi di euro. Il bilancio della Bce è ora - dati del 4 marzo - pari a 2.862 miliardi di euro, il 27% del pil 2015, anche se non ha ancora raggiunto i livelli del 2012, quando gli attivi della Bce raggiunsero 2.962 miliardi e il 30% del pil di quell’anno; mentre la base monetaria ha appena segnato il record storico. È come se la Bce avesse, finora, solo recuperato il terreno - ma non certo il tempo - perduto tra il 2012 e il 2014.

La sperata stretta americana - che avrebbe dovuto far deprezzare l’euro/dollaro e sostenere esportazioni e prezzi all’importazione - si è inoltre verificata solo a metà. La Federal reserve ha alzato i tassi a dicembre, ma la seconda mossa che i mercati prevedevano per il 16 marzo potrebbe slittare e non è escluso che la Banca centrale di Washington assuma un orientamento ancora meno aggressivo di quello prevalente a fine 2015. L’euro/dollaro, che era calato fino quasi a quota 1,05 nei primi giorni di dicembre, è quindi risalito fino a sfiorare 1,14 a febbraio ed è ora intorno 1,10. Il cambio effettivo dell’euro - verso tutte le principali valute - ha seguito più o meno lo stesso percorso e il 7 marzo era in rialzo del 5% sul minimo di aprile 2015.

Molte cose sono quindi andate male, e non tutto può essere riferito alla “timidezza” della Bce, sicuramente frenata dall’atteggiamento della Bundesbank e delle élites tedesche. Il dubbio a questo punto, però, è che una politica più fortunata o anche più determinata avrebbe potuto avere risultati comunque deludenti. Due anni pieni di Abenomics non hanno evitato al Giappone una flessione del pil nell’ultimo trimestre del 2015 (-0,3%) e probabilmente anche in questo inverno 2016. La situazione dell’economia giapponese è molto diversa da quella di Eurolandia e ogni paragone può essere fuorviante. Le vicende nipponiche possono però segnalare qualcosa di strutturale, per esempio un eccesso di offerta difficilmente aggredibile attraverso gli strumenti della politica monetaria.

Le decisioni della Bce e gli effetti che avranno sui mercati saranno quindi molto importanti, come è ovvio. Le nuove proiezioni dello staff della Banca centrale e la conferenza stampa del presidente Mario Draghi non saranno meno rilevanti: per la diagnosi che potranno offrire sulla situazione economica e la difficile prognosi, il verosimile percorso verso un equilibrio “migliore” in termini di prezzi e crescita.

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