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Ecco perché i BTp sono più appetibili dopo la raffica di misure…

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IL «BAZOOKA» E I TITOLI DI STATO

Ecco perché i BTp sono più appetibili dopo la raffica di misure annunciate dalla Bce

Il presidente della Bce, Mario Draghi (Afp)
Il presidente della Bce, Mario Draghi (Afp)

È il BTp il titolo che più di ogni altro nell’eurozona attrae l’interesse dei mercati, dei grandi investitori istituzionali e delle banche d’investimento, sulla scia del Qe3 annunciato lo scorso giovedì da Mario Draghi e di un eventuale Qe4 già preannunciato come ulteriore intervento (al posto di altri tagli dei tassi) nel caso l’inflazione stenti a tornare attorno al 2 per cento. Il BTp è il titolo sul quale tende già da ora a concentrarsi il “risk on” sui bond periferici scaturito dalle novità presentate da Draghi. Molte grandi banche raccomandano BTp alla propria clientela istituzionale, anche se su un orizzonte non lungo: la fascia preferita è quella delle medie durate, titoli a 5-7 anni, dato che la parte a breve della curva è già scesa molto e potrebbe correre meno dopo lo stop a ulteriori tagli dei tassi negativi. La parte a lunga è esposta invece alle aspettative sull’inflazione, dovesse questa tornare in area 2 per cento.

I titoli di Stato italiani attraggono l’interesse degli investitori a caccia di rendimento perché rendono più dei core (la curva dei rendimenti italiana non sprofonderà tutta sottozero come quella tedesca) e promettono capital gain notevoli con il restringimento dello spread. Il flottante in circolazione dei BTp resterà abbondante nonostante il supercompratore a Francoforte, essendo l’Italia superindebitata: questo è tecnicamente un punto a favore importante in un mercato internazionale dei bond scosso da violenti strappi di volatilità. La rete di sicurezza del BTp future conferisce una marcia in più all’Italia su Spagna e Portogallo, che hanno i limiti dei piccoli mercati. Non da ultimo, non c’è grande alternativa ai BTp per la Bce. L’Italia è marginale rispetto ai numerosi allargamenti decisi dalla Bce sul bacino di titoli acquistabili: le obbligazioni societarie entrate nell’App (Asset Purchase Programme) dalla fine del primo semestre di quest’annno (attingendo la Bce da un mercato potenziale stimato tra i 470 e i 580 miliardi di euro) vedono in pole position le aziende tedesche e francesi, poco le italiane; per quanto riguarda gli enti pubblici e le banche di sviluppo nazionali, la Cdp emette pochissimi bond rispetto, per esempio, alla tedesca Kfw; anche sul fronte dell’estensione del Pspp (Public Sector Purchase Programme) agli enti locali, all’Italia non è andata bene perché non esistono Bor, Bop e Boc (Buoni regionali, provinciali e comunali). Il BTp quindi la fa da padrone nella quota italiana del Qe3 della Bce.

L’aumento dell’importo mensile nel Qe3 è elevato ma non elevatissimo perché è mancata la contestuale estensione della durata del programma. Tuttavia Draghi ha lasciato una porta aperta al Qe4 e questo nell’equazione a favore dei BTp entra.

La Bce ora ha portato da 60 a 80 miliardi l’acquisto di titoli su base mensile: dei 20 miliardi in più, 5 potrebbero essere coperti dalle obbligazioni societarie, altri 2-3 dagli enti pubblici ma con pesi diversi da Paese a Paese. I trader stimano che saliranno a circa 15 miliardi gli acquisti mensili complessivi di titoli di Stato da aprile 2016 a marzo 2017. Secondo Crédit Agricole CIB, gli acquisti Bce a quota 80 miliardi al mese saranno così ripartiti: 53,2 miliardi in titoli di Stato, 5,3 agenzie (come Cdp), 6,5 enti sovrannazionali (come Bei e Esm), 10 in cartolarizzazioni Abs e covered bonds e 5 miliardi in obbligazioni societarie.

Per quanto riguarda l’Italia, finora la Bce ha acquistato in media 7,3 miliardi di titoli di Stato al mese: dal prossimo aprile, con un aumento stimato tra 2,3 e 2,5 miliardi, la quota italiana dovrebbe salire a 9,6-9,8 miliardi. Fino al marzo 2017, senza il recente aumento, la Bce avrebbe acquistato una novantina di miliardi di titoli italiani: post-aumento, diventeranno 115-120 miliardi.

Il Qe1 e il Qe2 finora hanno portato la Bce a fare acquisti netti in titoli pubblici italiani per 8,5 miliardi al mese, per un totale di 96,2 miliardi (contro i 140 della Germania). Il Qe3 dovrebbe spingere all’insù i prezzi e giù i rendimenti: gli addetti ai lavori stimano che il Tesoro italiano effettuerà emissioni lorde nei prossimi 12 mesi di titoli di Stato acquistabili dalla Bce per poco più di 200 miliardi: di questi, il 55% verrà assorbito dal Qe3. Dall’avvio degli acquisti nel marzo 2015 fino al marzo 2017, la Bce (e per la sua quota la Banca d’Italia) avranno acquistato poco più di 200 miliardi di BTp.

Un Qe4 non è però affatto escluso dai mercati, che si aspettavano già dallo scorso giovedì un’estensione del programma di almeno 6 mesi se non addirittura 9 fino al dicembre 2017. La Bce potrebbe non essersi voluta spingere oltre il marzo 2017 perché al di là di quella data la carenza di titoli di Stato tedeschi acquistabili potrebbe rappresentare un serio problema a causa del vincolo della capital key (il limite del rendimento minimo equivalente al tasso dei depositi presso la banca centrale pesa ora meno perché i tassi negativi hanno raggiunto il livello minimo). Se l’inflazione dovesse deludere le aspettative che la vedono in solida ripresa a fine 2017 e nel 2018, e quindi se la Bce dovesse avere bisogno di estendere ulteriormente il programma degli acquisti di titoli, la rimozione del requisito della capital key potrebbe avvantaggiare i paesi più indebitati e quindi BTp e Oat francesi.

@isa_bufacchi

isabella.bufacchi@ilsole24ore.com

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