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Il petrolio torna a correre dopo l’annuncio di un nuovo vertice a Doha

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Il petrolio torna a correre dopo l’annuncio di un nuovo vertice a Doha

Il prossimo appuntamento è in agenda: il piano per congelare la produzione di petrolio verrà messo a punto il 17 aprile a Doha. La comunicazione ufficiale di data e luogo della riunione, arrivata dal Paese ospite, il Qatar, ha rimesso le ali al greggio spingendo nuovamente il Brent sopra 40 dollari al barile, vicino ai massimi da tre mesi. Un’ennesima conferma, se mai ce ne fosse stato bisogno, della forte influenza che i tentativi di coordinamento tra produttori Opec e non sta avendo sul mercato.

Dal 16 febbraio, quando Arabia Saudita, Russia, Venezuela e Qatar firmarono una prima intesa di massima, le quotazioni del petrolio sono risalite del 30 per cento. A inizio settimana il timore che tutto si risolvesse in una bolla di sapone aveva contribuito a far ritracciare i prezzi, ma ieri è tornato l’ottimismo.

Il problema dell’Iran - che non intende fermare la riconquista del mercato dopo la fine delle sanzioni - resta intatto: senza il contributo di Teheran l’offerta di petrolio quasi certamente continuerà ad aumentare. Ma si tratta comunque della prima azione coordinata tra Opec e non Opec da 15 anni a questa parte: il semplice fatto che si sia deciso di proseguire, con o senza l’Iran, è probabilmente bastato ad incoraggiare gli investitori.

Il mercato ieri ha trascurato persino l’ennesimo aumento delle scorte petrolifere negli Usa, consolandosi col fatto che quelle di greggio sono salite meno del previsto (1,3 milioni di barili) e con la continua, robusta crescita della domanda di benzine oltre Oceano:  +6,4% nelle ultime 4 settimane, secondo l’Eia. Il risultato è che la seduta si è chiusa con il Brent a 40,33 $ (+4,1%) e il Wti in rialzo addirittura del 5,8% a 38,46 $.

Dopo l’intesa preliminare del mese scorso, il piano per congelare le estrazioni di petrolio sui livelli di gennaio ha raccolto consensi. «Ad oggi sostengono l’iniziativa una quindicina di produttori Opec e non, che contano per circa il 73% dell’output globale», afferma il ministro del Petrolio qatarino Mohammed Al-Sada, replicando quasi alla lettera quanto dichiarato giorni fa dal ministro russo Alexander Novak. Quest’ultimo - che dopo gli incontri di lunedì in Iran sostiene di essersi confrontato telefonicamente anche col saudita Ali Al Naimi - ieri è ritornato sull’argomento spiegando che se l’accordo verrà finalizzato domanda e offerta di petrolio torneranno in equilibrio a fine 2016-inizio 2017. In caso contrario bisognerà attendere la fine del prossimo anno.

Novak ha anche detto che il congelamento riguarderebbe la produzione, non l’export, e che l’impegno durerebbe solo fino al 31 dicembre.

Il numero definitivo e l’identità dei partecipanti alla prossima riunione di Doha non si conoscono ancora: gli inviti stanno partendo, ha detto il ministro russo, e si potrà parlarne solo una volta ricevuta risposta. «L’Iran comunque ha detto di essere pronto a partecipare al meeting».

Secondo fonti locali della Reuters, i sauditi si sarebbero ormai convinti a procedere col piano anche senza l’adesione di Teheran, mentre in precedenza Riyadh - seguita da altri Paesi del Golfo Persico - aveva posto come condizione la partecipazione di tutti i maggiori produtori di greggio. Non è dato sapere se dietro le quinte gli iraniani abbiano in realtà promesso di rallentare il ripristino della produzione perduta.

Il parziale ritiro delle truppe russe dalla Siria non avrebbe invece avuto alcun peso nell’ammorbidire le posizioni di Riyadh: non c’è stato nessun «grande scambio» assicura il ministro degli Esteri saudita Adel Al-Jubeir, pur giudicando la decisione del Cremlino «un passo molto positivo».

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