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Tlc, internet e tv: come sarà la Telecom del futuro

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gli scenari globali

Tlc, internet e tv: come sarà la Telecom del futuro

(Imagoeconomica)
(Imagoeconomica)

Telefonia fissa e mobile, accesso a internet, televisione multicanale. Eccoli gli ingredienti del quadruple play, miscela che dà sapore e senso industriale a quello che succede in questi giorni in Italia. Un mix che comunque rientra nel più ampio capitolo dell'intreccio fra mondo delle telco e dei contenuti: due universi che hanno sempre più bisogno l'uno dell'altro. Negli Usa se ne sono accorti da tempo e anche in Europa in realtà ci si è mossi. In Italia la manovra di Vivendi su Telecom ha senza dubbio il merito di aver impresso un'accelerazione non da poco. Eppure all'inizio ci si interrogava – e non a torto – sul senso di questa operazione per il colosso francese che aveva ceduto asset per circa 35 miliardi di euro dal 2013 per liberarsi del business nelle tlc (da Maroc Telecom, a Gvt, a Sfr) e concentrarsi su musica, contenuti e pay tv. Ma da quell'8% in Telecom ereditato da Telefónica a seguito della cessione alla stessa compagnia spagnola della brasiliana Gvt, Vivendi ha conquistato terreno.

L'intreccio contenuti-tlc
Il tema della convergenza tlc-contenuti è così diventato ineludibile, anche per decifrare ciò che è man mano accaduto. In questo menu un posto di rilievo l'ha preso anche l'eventuale ingresso della proprietaria della pay Canal+ in MediasetPremium, che viene considerato quasi cosa fatta e darebbe vita a un intreccio in cui, accanto a Vivendi e al Gruppo di Cologno, rientrerebbe giocoforza anche Telecom. Risultato di tutto ciò? Vivendi, come detto più volte dai suoi vertici, punta a ritagliarsi il ruolo di campione dei contenuti transfrontaliero. Tutto questo però, inevitabilmente, che si tratti di Vivendi o altri può avvenire solo se oltre ai contenuti si ha anche “il tubo” attraverso cui far passare online film, serie tv, partite di calcio.

Il mercato
E qui si torna all'intreccio ormai indifferibile fra contenuti e tlc. Un'intersezione resa necessaria dai trend di mercato innanzitutto. L'Etno, l'associazione degli operatori tlc europei, nel suo ultimo report ha fotografato un settore con un declino dell'1,1% dei ricavi (scesi a quota 240,3 miliardi). Una flessione, dunque, ma che può essere letta anche come dato positivo se raffrontata al calo del 2,9% nel 2014 e con le previsioni di crescita a partire da quest'anno (+0,1%) per arrivare a +1,5% nel 2018-2019. E «in questo contesto», si legge nello studio, «la domanda per i servizi di dati giocherà un ruolo importante» in quanto gli introiti legati al traffico dati «continuano ad aumentare» raggiungendo il 50,5% nel 2016. Del resto se solo nell'ultimo anno i ricavi totali sono scesi dell'1,1%, ma quelli di traffico dati e internet per le telco sono saliti del 2,4% (a 72,8 miliardi), qualcosa vorrà pur dire.

Nuove abitudini di consumo
C'è altro, ovviamente, rispetto a video e contenuti alla base di questo trend. Ma con il tempo sono proliferate fior di indagini, qualitative e quantitative, per indicare nei video e nei contenuti on demand la pietra filosofale. Un solo esempio: nell'ultimo Report TV & Media del ConsumerLab di Ericsson – indagine su 22.500 persone nel mondo e rappresentativa di una proiezione di 680 milioni di consumatori – si legge di un incremento del 71% nelle visualizzazioni di video sugli smartphone dal 2012 e che circa due terzi del tempo che i teenager trascorrono guardando Tv e video avviene su un dispositivo mobile. L'esperienza di tutti i giorni e i numeri che si possono snocciolare, presi da questo o quel report di mercato, lasciano così pochi dubbi sul fatto che oggi tlc e media siano due universi che devono giocoforza collaborare. Se non altro perché il piccolo schermo è diventato una parte della fruizione dei contenuti video. Un nuovo pubblico, più giovane, ha cominciato a usare prima il computer collegato a internet, poi il tablet via Wi-Fi, per accedere a nuove forme di televisione. Gli stessi produttori di televisori hanno cominciato a connettere gli apparecchi al web.

La casistica
Nel mondo di tutto questo ci si è accorti e la casistica è sempre più nutrita. Negli Usa il colosso delle tlc AT&T ha acquisito DirecTv, seconda pay tv satellitare degli Stati Uniti di cui ora sta per lanciare un'offerta in streaming. In Spagna Telefónica ha rilevato la totalità della pay tv spagnola Digital+ entrando peraltro in Mediaset Premium (all'11%). In Uk l'ex monopolista BT ha messo sul tavolo miliardi di sterline per assicurarsi i diritti di eventi sportivi, dalla Champions (1,2 miliardi di euro per il 2015-2018) alla Premier League. In Olanda Vodafone e la Liberty Global del magnate John Malone hanno siglato un accordo per costituire una joint venture paritetica tramite la fusione delle rispettive attività nei Paesi Bassi. Ziggo, la creatura di Liberty in Olanda, è il maggior operatore di tv via cavo con una rete in fibra che trova un'intesa ideale con la rete mobile di Vodafone. «Non leggete un'intesa più ampia fra le righe di questa operazione», ha precisato il ceo di Vodafone Group, Vittorio Colao, ben sapendo che alla inevitabile necessità del “quad play”, tanto più per un operatore globale come Vodafone, si rifanno le indiscrezioni che di volta in volta hanno posizionato all'altare con la telco la Liberty Global o Sky. Il gruppo di Murdoch, dal canto suo, appare ciclicamente in discorsi che hanno a che fare con merger in questo magmatico settore. Del resto in Sky Plc sono state inglobate le attività di Uk, Germania e Italia. Il che significa un bacino di 21,5 milioni di clienti pay. Un player di prim'ordine, insomma, che l'innovazione e la convergenza se la sta comunque facendo anche in casa. Ha infatti investito in Jaunt, società indipendente attiva nelle produzioni hardware e software per la realtà virtuale e ora ha avviato un'unità interna, con base in Uk, per realizzare progetti e video riguardanti la realtà virtuale (prodotti visibili sui dispositivi e piattaforme ad hoc, come Oculus o Samsung Gear Vr). Per ritornare a Vodafone, il colosso britannico delle tlc si prepara a lanciare entro la metà del 2016 la sua Vodafone Tv in Italia (come riportato sul «Sole 24 Ore» dello scorso 8 dicembre), per andare a competere direttamente con quella TimVision di Telecom che è già sul mercato da anni, a conferma di quella che allora era un'intuizione e che ora è realtà.

La sfida sulle reti
Youtube, Apple e Facebook sono chiare testimonianze di come internet e il broadband siano la strada principe per i contenuti. Il colosso del videostreaming Netflix, arrivato in ottobre in Italia, è l'esempio più calzante di un cambiamento disruptive che ha impattato su broadcaster e mondo dei contenuti. Per i broadcaster il mondo è cambiato. Hanno dovuto iniziare a ripensarsi come media company, con produzioni di contenuti televisivi da fruire su console, smart tv, tablet, pc o smartphone, per una platea di spettatori per la prima davvero globale. Ma tutto questo è stato (ed è) possibile grazie alla maggiore affidabilità delle reti a banda larga e ultralarga – terreno delle telco – che ha reso lo streaming, se non un re, quantomeno un principe nella diffusione dei contenuti. Ed è la chiusura del cerchio.

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