Finanza & Mercati

Banca Regionale Sviluppo pronta al rilancio

  • Abbonati
  • Accedi
In primo piano

Banca Regionale Sviluppo pronta al rilancio

  • –Vera Viola

NAPOLI

L’ordinanza cautelare del Tribunale di Napoli del 24 marzo 2016, secondo la quale è nulla la clausola dello Statuto che «limita o rinvia in tutto o in parte senza limiti di tempo» i rimborsi al socio che esercita diritto di recesso, potrebbe produrre pochi effetti sull’operatività della Banca Regionale di Sviluppo, per la quale il Tribunale partenopeo era stato investito della questione.

«L’ordinanza si riferisce allo Statuto della ex Banca Popolare di sviluppo, non più in vigore, in seguito alla trasformazione della cooperativa nolana nella spa Regionale di sviluppo, secondo la riforma disposta dal Dl 24 gennaio 2015 n.3 convertito in legge 33 del 2015». È quanto sostiene il dg, Giuseppe Lombardi. Questi annuncia che la Brs presenterà reclamo.

L’ordinanza del giudice Roberto Rustichelli è destinata a far discutere poiché afferma un principio generale (non bloccare sine die i rimborsi al socio che recede) e diventa precedente giurisprudenziale. Proprio nella fase in cui le grandi Popolari per obbligo e le piccole per facoltà si stanno adeguando alla riforma del governo Renzi che ha introdotto limiti al diritto di recesso. Principio peraltro recepito anche nel nuovo Statuto della Brs.

Secondo il Tribunale, infatti, se l’articolo 28 del Testo unico bancario oggi prevede che il diritto di recesso sia «limitato, secondo quanto previsto dalla Banca d’Italia», non si può consentire «la soppressione dell’effettivo contenuto giuridico ed economico del recesso».

La Banca nolana ha attraversato una fase molto critica per problemi finanziari, di governance e per conflitti interni. La Popolare, fondata da Gianni Punzo, ha sofferto da tempo del forte indebitamento di alcuni dei suoi principali clienti. Interviene Banca d’Italia nel 2013 che, a termine di una lunga ispezione, invita a differenziare i propri crediti e chiede al collegio sindacale e a quattro amministratori di dare le dimissioni. Comincia una nuova fase durante la quale la guida della banca viene affidata a Carlo Pontecorvo, patron della Ferrarelle. La nuova governance supera senza sanzioni una nuova ispezione nel 2015 e avvia una riorganizzazione su indicazioni di Banca d’Italia. Ma i soci che si son dovuti fare da parte ingaggiano una lotta a suon di ricorsi.

A luglio 2015 l’assemblea adotta due delibere: la prima prevede una riduzione del capitale sociale (seguirà un aumento), la seconda sul diritto di recesso. Entrambe vengono impugnate da 200 soci di minoranza (il 9% del capitale sociale), nessuno dei quali esercita né allora né dopo il recesso. Successivamente, l’assemblea straordinaria del 27 e 30 novembre approva la trasformazione in spa, il nuovo statuto e la denominazione di Banca Regionale di Sviluppo. A questo punto recedono 45 soci (nessuno dei ricorrenti), titolari di azioni pari all’1% del capitale. Il primo ricorso viene respinto, premiando la “nuova “ Banca. Il secondo dà ragione ai ricorrenti e sospende la delibera impugnata.

«Oggi – analizza l’avvocato della Brs Andrea Pisani Massamormile – sembra che il giudice voglia farci intendere che il recesso deve essere consentito. Il punto da chiarire è come rimborsare chi recede. Lo statuto della Brs, e prima quello di Ubi, ha recepito la legge. Se è la legge, la riforma del governo Renzi, che va applicata, la sostanza non cambia dopo l’ordinanza di Napoli».

© RIPRODUZIONE RISERVATA