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Causa in Kazakhstan per Eni e Shell

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Causa in Kazakhstan per Eni e Shell

Ennesima disputa in Kazakhstan per l’Eni, stavolta in relazione a Karachaganak, uno dei maggiori giacimenti di gas e condensati nel mondo. Il Governo di Astana ha depositato una richiesta di danni per 1,6 miliardi di dollari contro il consorzio che gestisce le operazioni estrattive, Karachaganak Petroleum Operating Bv (Kpo), di cui la compagnia italiana è socia con il 29,25% e operatore, alla pari con Royal Dutch Shell, che ha appena ereditato la quota con l’acquisizione, completata a febbraio, di Bg Group.

La notizia, che conferma indiscrezioni circolate lo scorso autunno, è emersa dal bilancio di Lukoil, anch’essa socia di Kpo, con il 13,5%. Gli altri sono Chevron al 18% e la locale KazMunaiGaz (Kmg) al 10%. La compagnia russa non dice quando la causa è stata avviata ed è piuttosto parca di dettagli anche sul motivo del contendere, limitandosi a dire che riguarda la formula per la ripartizione dei profitti tra i soci e il Governo kazako. Le parti, afferma Lukoil, stanno comunque trattando per una soluzione extragiudiziale.

Non è la prima volta che si aprono dispute tra Astana e le compagnie petrolifere straniere che operano nel Paese. Le autorità kazake hanno inflitto multe per violazioni ambientali, aperto contenziosi fiscali e procedimenti giudiziari di ogni genere. L’obiettivo molto spesso si è rivelato quello di fare pressioni sui partner per ottenere qualche concessione.

Un contenzioso simile a quello attuale, trascinatosi per oltre due anni, portò nel 2012 all’ingresso di Kmg nel consorzio di Karachaganak. Dispute sui ritardi nello sviluppo di Kashagan, altro grande giacimento kazako, portarono Kmg ad accrescere la partecipazione nel progetto. La quota, pari al 16,88%, è stata trasferita un mese fa al fondo sovrano kazako, Samruk-Kazyna, per 5,5 miliardi di $.

L’obiettivo di Astana questa volta potrebbe essere semplicemente quello di fare cassa. Il Kazakhstan, le cui entrate da esportazioni dipendono per tre quarti da prodotti energetici, è entrato in crisi profonda con il crollo del petrolio. La sua valuta, il tenge, sganciato dal dollaro l’estate scorsa, ha più che dimezzato il suo valore. Il passaggio di Bg Group a Shell avrebbe consentito ad Astana il diritto di prelazione sulla quota di quest’ultimo in Karachaganak, valutata 4,4 miliardi con il petrolio a 80 $, ma di recente il Governo ha fatto sapere che non lo eserciterà. Il sospetto è che il problema sia proprio la mancanza di fondi.

twitter.com/SissiBellomo

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