Ricalcare le migliori esperienze estere. Come gli Isa inglesi (incentivi fiscali alle persone fisiche che investono sulle azioni delle Pmi) oppure i «corporate broker» (l’obbligo di dotare ogni società quotata in Borsa di un soggetto vigilato che produca ricerca sul titolo). Assosim, l’Associazione degli intermediari che operano sui mercati finanziari, è pronta a rianimare in Italia la discussione sulla creazione di una piazza finanziaria. Avanza proposte. E pone sul tappeto - in un incontro con la stampa - il vero problema del Paese, che frena la crescita di un mercato finanziario più efficiente: esistono pochi investitori domestici. «L’accordo Deutsche Boerse-Lse e il lavoro sulla Capital Market Union rappresentano due evoluzioni importanti per l’Italia e per il suo mercato - osserva il presidente Michele Calzolari -. Per questo serve un piano per rilanciare la piazza finanziaria italiana».
I numeri del nostro ritardo li elenca Francesco Perilli di Equita Sim, membro del Comitato esecutivo di Assosim: «Circa il 90% del flottante di Borsa Italiana è in mano a investitori esteri - osserva -. Questo rappresenta un elemento di fragilità: si tratta di un numero spropositato che non ha confronti con altri Paesi». Gli investitori esteri sono infatti più volatili: tendono a guardare al breve periodo e tendono ad abbandonare il Paese nei momenti più difficili. Assosim pensa che per rilanciare la piazza finanziaria italiana, importante per la crescita delle aziende e del paese, non basti dunque cambiare la cultura delle imprese. Ma bisogna modificare quella degli investitori, a partire dai fondi pensione. E, soprattutto, bisogna farli sviluppare. Ecco dunque che, guardando alle esperienze estere, si possono creare i presupposti per favorire gli investimenti. Per esempio gli Isa inglesi: ogni persona fisica può investire 15-20 mila euro a testa su azioni delle Pmi, con un vincolo a non disinvestire per qualche anno, a fronte di un vantaggio fiscale.