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La partita di Monsieur Bolloré

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La partita di Monsieur Bolloré

  • –Marco Moussanet

PARIGI

Una mossa alla volta, Vincent Bolloré sta pian piano sistemando i suoi pezzi sulla scacchiera italiana. Che conosce bene e frequenta da tempo, occupando posizioni privilegiate e strategiche in Mediobanca e Generali. Ma soprattutto prosegue nella costruzione del suo progetto: quello di costruire un grande gruppo di media e contenuti, integrato con le telecomunicazioni, nell'Europa del Sud – lanciando un guanto di sfida d’un lato a Sky e dall’altro a Netflix – con proiezioni africane e latinoamericane. E magari andare oltre. In Europa – dove il processo di concentrazione e consolidamento sui vari fronti è già in atto o prossimo a partire – e probabilmente anche negli Stati Uniti. Un progetto che prevede anche la partecipazione del colosso spagnolo Telefonica. Che certo esce da Mediaset Premium, ma ha in corso con Vivendi «discussioni avanzate sull'avvio in autunno di un innovativo servizio di video on demand destinato agli smarthpone in Sud America». Del suo piano Bolloré non parla, com’è nelle abitudini della casa.

PARIGI

Muove i suoi pezzi, fino a quando gli avversari scoprono che ormai «è scacco matto». Però lui ce l’ha ben chiaro in testa da tempo. Almeno da un anno e mezzo, da quando cioè ha preso il comando di Vivendi dopo esserci entrato quasi di soppiatto (ancora nel suo stile) con l'apporto delle due reti Direct 8 e Direct Star in cambio del 4,4% del gruppo, subito arrotondato al 5 per cento.

Con la cessione di Maroc Telecom, Sfr, Activison Blizzard e Gvt, alla fine del 2014 Bolloré si ritrova con una società senza debiti (solo due anni prima ne aveva per oltre 17 miliardi) e un tesoretto da 4,5 miliardi (salito a 6,4 a fine 2015) da investire. Inizia a guardarsi attorno, in cerca di mercati e di prede. La Gran Bretagna è sostanzialmente monopolizzata da Murdoch, meglio lasciar perdere. La Germania è troppo affollata. Restano l’Italia e la Spagna.

L’ideale è partire dalla prima, tanto più che nel frattempo si ritrova con l’8% di Telecom Italia, frutto collaterale della cessione della brasiliana Gvt, proprio a Telefonica (di cui peraltro Vivendi possiede poco meno dell'1%).

Il mercato italiano, che appunto Bolloré conosce bene ed è particolarmente interessante, perché ci sono enormi spazi di crescita per prodotti di qualità. Si tratta soltanto di trovare il partner giusto. Non è difficile, ce n'è di fatto uno solo, Mediaset. Che ha una presenza forte in Spagna e a sua volta si sta interrogando sul da farsi con la pay tv Premium. Il primo fronte è questo, la tv a pagamento. Canal+ sta perdendo da anni soldi e abbonati in Francia, ma ha 11,2 milioni di utenti, 5,5 dei quali ormai fuori dal suo mercato tradizionale, in particolare 2 in Africa e 2 in Polonia. Mediaset Premium perde soldi ma ha 2 milioni di abbonati e un portafoglio di tutto rispetto, a partire dalla Champions. L'interesse di entrambi è evidente: l'unione può fare la forza.

Il secondo fronte è quello dello streaming, della cooperazione nella Vod che unisca le attività di Mediaset (Infinity) e quelle di Vivendi (sostanzialmente Canalplay in Francia e Watchever in Germania) e sia in grado di competere con l'avversario americano appena sbarcato dalle nostre parti. Un'operazione che per ora non sembra avere obiettivi quantitativi precisi e che può essere allargata agli spagnoli di Telefonica. Un'attività di produzione e distribuzione – attraverso operatori tlc come Telecom Italia, che d’altronde ha già un accordo con Mediaset – che possa spaziare dall'Europa al Sud America fino agli States.

Il tutto arricchito dalla creazione di una piattaforma mondiale di tv su internet in «over-the-top».

Lo scambio azionario serve a cementare il progetto industriale, aprendo una prospettiva nuova per Silvio Berlusconi e garantendo a Bolloré un rafforzamento del proprio controllo su Vivendi (di cui detiene il 14,5).

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