La partita per il riassetto, seppure parziale, del sistema bancario italiano è in pieno svolgimento. La trama è complessa ma il finale, se ben scritto, potrebbe regalare qualche soddisfazione a chi oggi decide di giocare le proprie carte. È in quest’ottica, dunque, che vanno lette le riflessioni che il gruppo Unipol ha deciso di aprire sul tema. Le valutazioni vanno ben al di là della partecipazione o meno al maxi piano voluto dal governo Renzi per mettere in sicurezza gli aumenti di capitale degli istituti in fase di rilancio. Già prima che la questione diventasse d’attualità la società ha iniziato infatti a muoversi e lo avrebbe fatto seguendo due direttrici specifiche. La prima porta assai vicino a casa e chiama in causa Bper. Unipol ha una partnership consolidata con la Popolare dell’Emilia Romagna. Da tempo sono socie, con la compagnia assicurativa azionista principale, di Arca Vita (63,39% Unipol, 19,67% Bper, 14,84% Popolare di Sondrio e 2,1% altri). Una realtà in forte ascesa negli ultimi anni, grazie anche all’importante contributo di Bper. Basti pensare che nel 2014 il canale bancario ha assicurato una raccolta netta positiva di 939 milioni, con l’istituto che ha raccolto 620 milioni pari a un risultato di raccolta netta di 481 milioni. L’asse, dunque, funziona. Di qui l’idea di rafforzare l’intesa, magari anche scommettendo su una potenziale prossima partecipazione della banca al risiko bancario. Ecco perché Unipol avrebbe deciso di ritagliarsi una piccola posizione da azionista di Bper. Risulta infatti che il gruppo stia lavorando per mettere in portafoglio una partecipazione rilevante, di certo superiore al 2% seppure inferiore al 5% del capitale. Sulla carta si tratterebbe di un investimento compreso tra i 60 e i 100 milioni di euro e che darebbe alla società guidata da Carlo Cimbri la possibilità di tenere sott’occhio l’accordo e di guardare con attenzione al rimescolamento delle carte nel comparto del credito avendo per giunta un punto d’osservazione privilegiato. Ciò sarà ancor più vero se andrà in porto anche il secondo progetto attorno al quale sta ragionando Unipol.
La compagnia, in particolare UnipolSai, ha infatti anche un altro accordo di bancassicurazione e con un altro primario istituto: il Banco Popolare. Si tratta di Popolare Vita, che fa capo al 50% più un’azione a Bologna e il resto a Verona. L’intesa è nata con il preciso scopo di diventare il punto di riferimento e il motore dell’innovazione assicurativa all’interno del Banco Popolare. Nel 2014 la società ha raccolto quasi 3 miliardi di premi. Anche in questo caso, dunque, l’intesa sembra funzionare. Ecco perché è interesse di Unipol difendere l’asse. Tanto più ora che il prossimo matrimonio tra il Banco e Bpm potrebbe cambiare le prospettive. Anche la Banca Popolare di Milano ha il suo accordo di bancassicurazione: Bipiemme Vita, partecipata all’81% della società mutualistica Covéa. In virtù di questo, è certo interesse di Bologna tenere saldo il legame con la Popolare guidata da Pier Francesco Saviotti. D’altro canto la banca si appresta a lanciare un aumento di capitale da 1 miliardo per favorire l’integrazione con Bpm. Questo è un momento assai delicato sui mercati, soprattutto per le banche e l’iniezione di liquidità avrà certamente bisogno del supporto di tanti. E Unipol potrebbe essere tra questi, diventando, in futuro, anche un socio stabile del nuovo agglomerato. Si vedrà. Di certo l’idea di Bologna sembra essere quella di muoversi lungo queste due direttrici, per una ragione strategica, gli accordi di bancassicurazione, ma anche industriale: Banco-Bpm e Bper, complici anche i prezzi cui quotano in questo momento, potrebbero essere una scommessa da valutare.
All’interno di questo ragionamento non bisogna poi dimenticare che tra gli asset che Unipol conta di valorizzare c’è una banca: Unipol Banca. L’istituto è da tempo sul mercato, spesso snobbato, tuttavia, per una situazione dei conti non particolarmente florida. Negli ultimi anni, gli interventi della casa madre sulla controllata hanno permesso di rimettere l’istituto sui binari giusti anche se il contesto permane difficile. Di certo essere osservatori diretti di ciò che accade sul settore del credito potrebbe aiutare a trovare il percorso migliore per cedere l’asset.
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