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Fitch: il fondo Atlante rischia di indebolire le grandi banche

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il giudizio dell’agenzia di rating usa

Fitch: il fondo Atlante rischia di indebolire le grandi banche

Le grandi banche italiane sono esposte a considerevoli rischi, in quanto vengono continuamente chiamate a dare sostegno agli sforzi del Governo per supportare gli istituti più deboli e mantenere la stabilità finanziaria. Questo il giudizio di Fitch sulla scia dell'annuncio del fondo Atlante. Intesa Sanpaolo, Unicredit e altre banche medio-grandi «sono state incoraggiate dal Governo ad intervenire nel finanziamento del nuovo fondo di salvataggio», scrivono gli analisti della società di rating. Una volta che il fondo sarà in funzione probabilmente rileverà una parte dell'impegno di Unicredit sull'aumento di capitale della Popolare di Vicenza. Questa «è una buona notizia per Unicredit», ma trascinerà Intesa Sanpaolo e altre banche nel finanziare un investimento che sarebbe normalmente fuori dai loro parametri di rischio.

Ricordando anche l'intervento a ottobre nella “resolution” delle quattro banche regionali, Fitch ritiene che «il profilo finanziario delle grandi banche si indebolirà e i rating potrebbero finire sotto pressione se saranno continuamente chiamate a dare un sostegno di emergenza al settore bancario». La costituzione di Atlante, inoltre, potrebbe presentare rischi di esecuzione. Potrebbe essere necessario il via libera della Commissione Ue e la proposta che la Cdp partecipi al fondo potrebbe finire sotto esame come aiuto di stato.

Nel tratteggiare i potenziali rischi a cui sono esposte le grandi banche italiane chiamate sempre più spesso a soccorrere gli istituti in difficoltà, Fitch rileva che Intesa Sanpaolo e Unicredit inietteranno 1 miliardo di euro ciascuno in Atlante e che tutte le banche italiane - ad eccezione di quelle con problemi di capitale o pressioni sulla liquidità - vi parteciperanno, così come le compagnie di assicurazione, le fondazioni bancarie e le società di asset management.

Le richieste fatte a Intesa, Unicredit e Ubi sono andate crescendo negli ultimi mesi, sottolinea l'agenzia, ricordando che i contributi dati alla risoluzione delle quattro banche a ottobre hanno totalizzato 900 milioni di euro circa. Questo costa a Intesa e a Unicredit circa il 10-11% dell'utile ante-imposte 2015 e per Ubi arriva al 30 per cento. Le banche hanno inoltre aumentato le linee di liquidità al fondo di risoluzione e dovranno fornire almeno 100 milioni di euro di indennizzi ai detentori di bond subordinati che hanno subito perdite in occasione della risoluzione. Intesa, UniCredit e Ubi Banca - ricorda Fitch - hanno tutte e tre un rating della gamma “BBB” che indica una buona qualità dei fondamentali del credito, buone prospettive per l'attività e un moderato grado di forza finanziaria. Tuttavia, l'agenzia ha rivisto in negativo lo scorso 24 marzo, l'outlook di Unicredit e Ubi, per prendere in considerazione le debolezze nella qualità dell'attivo e le pressioni sul capitale, in particolare in considerazione degli alti livelli di crediti deteriorati senza copertura. In minor misura ci sono rischi anche per Intesa Sanpaolo, che ha un outlook stabile, ma con un potenziale di upside limitato. I rating delle tre banche - scrive Fitch - potrebbero essere abbassati se non accelerano le misure per smaltire la massa di Npl e il capitale resta molto esposto agli Npl non coperti a riserve. (Il Sole 24 Ore Radiocor Plus)

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