TRANI
La «piccola» procura di Trani, come venne definita dopo i primi sviluppi dell’inchiesta sulle agenzie internazionali di rating, torna ad indagare molto in alto. Fino alla Deutsche Bank di Francoforte Sul Meno e sempre per la stessa ipotesi di reato, manipolazione di mercato. Sotto accusa la vendita massiccia da parte della banca tedesca, per circa 7 miliardi di euro, di titoli di Stato italiani, avvenuta nei primi mesi del 2011. L'indagine, avviata da Michele Ruggiero - lo stesso magistrato titolare delle inchieste su S&Poor's e Fitch di cui sono in corso i processi a Trani - vede come indagati l’ex presidente di Db, Josef Ackermann, l’ex co-ad Anshuman Jain ed il co-ad (fino al prossimo 19 maggio) Jurgen Fitschen, l'ex capo dell'ufficio rischi Hugo Banziger e Stefan Krause, ex direttore finanziario ed ex membro del board.
Secondo l'accusa l'ex management del gruppo mentre comunicava ai mercati finanziari, in 3 pubblicazioni tra febbraio e marzo 2011, la sostenibilità del debito sovrano dell'Italia, avrebbe nascosto agli stessi e al Mef la reale intenzione di ridurre drasticamente, e nel brevissimo termine, nel primo semestre 2011, il possesso di titoli del debito italiano in portafoglio che, a fine 2010, ammontavano a 8 miliardi. La vendita massiccia poi avvenne per oltre 7 miliardi e sarebbe stata fatta 'over the counter', senza cioè che fosse divulgata al mercato finanziario regolamentato e giustificata –sempre secondo la procura tranese - “falsamente” a posteriori (nell'informativa periodica del giugno 2011) con la necessità di ridurre la sovraesposizione del gruppo al rischio sovrano dell'Italia, a seguito dell'acquisizione di Postbank di fine 2010. Tutto questo, ancora secondo Ruggiero, avrebbe alterato il valore di mercato dei titoli italiani perché fatta violando la normativa in vigore.
Nello stesso periodo, Db acquistò circa 1,4 miliardi di Credit Default Swap (Cds) di copertura sull'esposizione al rischio Italia, acquisto non comunicato –secondo Ruggiero - né ai mercati finanziari né al Mef. Quindi, è il ragionamento accusatorio, Db autorizzando la vendita dei titoli di Stato italiani, acquistando contestualmente Cds e comunicando allo stesso tempo ai mercati finanziari la sostenibilità del debito pubblico italiano, ha compiuto condotte manipolative del mercato di tipo informativo-operativo, condotte idonee ad alterare la regolare formazione del prezzo di mercato dei titoli di Stato italiani sia nel primo semestre 2011 (quando il mercato ignorava le dismissioni di titoli), sia successivamente alla pubblicazione periodica del giugno 2011. In quest'ultima occasione il mercato e gli operatori - sostiene il pm - seppero della massiccia e repentina riduzione dell'esposizione della banca al rischio Italia interpretandola come un «chiaro segnale di sfiducia del gruppo nei confronti della tenuta del debito sovrano italiano». Nel corso dell'inchiesta sarebbero già stati sequestrati atti e mail nella sede milanese della banca da parte dei militari della guardia di Finanza di Bari che, insieme al pm, avrebbero anche ascoltato, come testimoni, una serie di persone. A cominciare dal responsabile di Db Italia, Flavio Valeri,presidente e consigliere delegato del Consiglio di gestione di Db Italia, estraneo alle indagini in corso che riguardano esclusivamente le attività della sede tedesca della banca. Come già avvenuto per l'inchiesta sulle agenzie di rating anche in questa (secondo le associazioni Adusbef e Federcosumatori ne è un “filone parallelo”) saranno ascoltati sia l'ex-premier Romano Prodi ( a luglio 2011 commentò la vendita con le parole:”Mi ha sconvolto, vuol dire che è la fine di ogni legame di solidarietà”) che l'allora ministro dell'Economia, Giulio Tremonti. Vista da Db l'indagine «è priva di fondamento, ma resta ferma la collaborazione in ogni fase con le autorità». Nel 2011 il gruppo tedesco aveva già risposto a “una richiesta Consob in relazione a questa vicenda e aveva fornito le informazioni e i documenti relativi”. La diminuizione della esposizione verso i titoli di Stato italiani (e di altri Paesi europei) era legata in gran parte al consolidamento delle posizioni conseguenti l'acquisizione di Postbank, avvenuta a fine 2010, e dunque l'esposizione storica sul debito italiano era rimasta – questa la sintesi - sostanzialmente invariata.
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