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Intesa, profitti oltre le attese «Dividendi 2016 a 3 miliardi»

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CREDITO

Intesa, profitti oltre le attese «Dividendi 2016 a 3 miliardi»

Intesa Sanpaolo chiude il primo trimestre con un utile in calo rispetto all’anno scorso ma riesce comunque a battere le attese degli analisti. E nel contempo conferma l’impegno a staccare un assegno da 3 miliardi a favore degli azionisti.

I profitti netti del gruppo guidato da Carlo Messina a fine marzo sono scesi a 806 milioni, in calo del 24% rispetto a 1.064 milioni del primo trimestre 2016. Colpa, in particolare, di uno scenario macro dominato da tassi negativi. Ma anche di una volatilità dei mercati finanziari, soprattutto tra gennaio e febbraio, che ha comportato un calo delle commissioni da gestioni e consulenza (-5,5%). Decisiva anche la flessione dell’attività di negoziazione sui titoli in portafoglio - prevalentemente BTp - il cui risultato è sceso del 61,7% in un anno, a 228 milioni. Il gruppo tuttavia è riuscito a superare le stime del mercato. Il consensus sull’utile netto era pari a 703 milioni per Bloomberg e di 713 per Reuters. Al netto dei contributi al fondo di risoluzione bancario, l’utile netto sarebbe pari a 902 milioni di euro. E se si considera anche la plusvalenza netta di circa 895 milioni - legata alla cessione di Setefi e Intesa Sanpaolo Card avvenuta in settimana - l’utile netto risulta «già superiore al 50% di 3 miliardi di euro di dividendi indicati per l’esercizio 2016», come si legge in una nota della banca.

La banca ha così confermato «il raggiungimento dei target del piano per il 2017», come ha detto agli analisti l’amministratore delegato Carlo Messina. Nei primi tre mesi l’utile si è rivelato superiore alla quota trimestrale del dividendo previsto. Sarà quindi «assolutamente realizzabile», ha detto il ceo, la distribuzione di un dividendo di 3 miliardi di euro sul 2016.Senza contare che, in prospettiva, è «attesa una crescita dei proventi operativi netti, connessa alla dinamica delle commissioni nette e dei crediti alla clientela», come si legge in una nota.

Nonostante «il contesto difficile», l’inizio del 2016 per Intesa Sanpolo è stato «solido», ha detto il manager. Certo, «sarà difficile ottenere una crescita a due cifre delle commissioni quest’anno». Ma «da quello che sto vedendo ad aprile-maggio sono fiducioso sulla possibilità di avere ottimi risultati». Nel complesso, il mercato ha gradito: dopo una seduta in altalena, il titolo ha chiuso in progresso dello 0,27%. A dare segnali positivi, anche in ottica prospettica, è la capacità di governo dei costi: gli oneri operativi del gruppo (pari a 2,067 miliardi) sono i più bassi degli ultimi 7 trimestri. Oggi Intesa può contare su un rapporto tra costi e ricavi del 50,5% (comprensivo delle spese per il Fondo di risoluzione), dato che è secondo in Europa solo agli spagnoli di Santander.

L’altro trend che dà segnali confortanti è quello relativo ai crediti deteriorati. È vero che nel complesso le sofferenze sono salite a 15,1 miliardi da 15 miliardi, con un’incidenza sul totale del crediti del 4,2%, e una diminuzione del grado di copertura al 61,1% dal 61,8% di fine 2015. Ma è anche vero che le rettifiche sono scese a 694 milioni (-9,5%), il dato più basso dal 2011. E, soprattutto, sempre meno crediti passano da bonis a deteriorati: il flusso lordo di nuovi deteriorati è sceso nel trimestre a 1,55 miliardi: si tratta del valore più basso dal 2007. Un’ulteriore conferma, insomma, che il ciclo ha subito una netta inversione di marcia.

In un contesto bancario a dir poco complicato, con crisi che si affastellano l’una sull’altra, il gruppo di Ca’ de Sass conferma inoltre il consueto dato di solidità patrimoniale, con un Common Equity ratio pro-forma a regime è risultato pari al 13,1%, «livello top tra le maggiori banche europee», come si legge in una nota. Non è un caso che la banca abbia beneficiato di un forte afflusso netto di raccolta da clientela nelle divisioni Banca dei Territori e Private Banking: sono oltre 7 i miliardi di euro raccolti nel primo trimestre 2016. Il miglioramento dei mercati finanziari ha poi permesso di accelerare la raccolta netta di risparmio gestito ad aprile, che ha raggiunto i 2 miliardi circa, risultando pressoché doppia rispetto a quella dell’intero primo trimestre.

Sul fronte degli erogati, invece, a conferma dell’intenzione della banca di schiacciare il pedale sulla crescita è anche l’indicazione, fornita dal cfo Stefano Del Punta, che Intesa parteciperà alla seconda asta di Tltro della Bce «con un ammontare significativo, a doppia cifra».

Focus su Atlante
L’attenzione del mercato oggi è concentrata soprattutto su Atlante, fondo per la stabilizzazione del mercato bancario a cui Intesa contribuisce con 845 milioni di euro (dei quali 300 milioni già versati) con un impatto di 20 punti base sul Cet 1. Ieri è stato reso noto che, a più che bilanciare l’intervento in Atlante, è la cessione di Setefi e Intesa Sanpaolo Card, che vale positivamente circa 35 punti base. In secondo luogo, Messina ha sottolineato che «la nostra sottoscrizione sarà fino al 20%» e che «se ci saranno altri sottoscrittori non eccederemo in ogni caso il miliardo di euro». Inoltre il ceo ha confermato che il gruppo farà ricorso al fondo Atlante per ridurre il proprio stock di crediti deteriorati. «Potremo smaltire parte dei nostri crediti deteriorati a prezzi molto buoni», ha detto Messina. Che ha annunciato il gruppo sta lavorando alla costituzione di «una società veicolo per la cessione degli Npl» al fondo stesso. Atlante potrebbe intercettare nel suo complesso una quota di Npl dal valore compreso tra i «30 e i 60 miliardi».

Il dossier Veneto Banca
Legata a doppio filo al tema Atlante è l’operazione di aumento di capitale di Veneto Banca, del cui consorzio di garanzia Intesa è capofila. Se l’operazione«avrà successo sul mercato noi saremo molto contenti. Altrimenti, c’è la possibilità che Atlante entri anche in Veneto Banca». Di sicuro, Intesa Sanpaolo, avendo investito in Atlante, «non è disponibile a tenere nessuna azione di Veneto Banca».

@lucaaldodavi