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Bcc, il nuovo fondo per le crisi parte con 400 milioni

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Bcc, il nuovo fondo per le crisi parte con 400 milioni

  • –Laura Serafini

Il sistema del credito cooperativo si prepara a dare vita al fondo obbligatorio temporaneo per gestire le crisi all’interno del sistema delle 360 banche, in attesa che si costituiscano uno e più grandi gruppi bancari. Lo statuto che regolerà il funzionamento del fondo è già stato scritto ed è stato mandato all’approvazione della Banca d’Italia una settimana fa. Il fondo, che dovrebbe partire con una dotazione iniziale - in termini di impegni di bilancio delle singole Bcc - di 400 milioni (ma l'importo potrebbe salire fino a oltre 1 miliardo), in ogni caso non entrerà in funzione prima del 15 giugno. E questo perché la clausola della way-out inserita nella legge di riforma del credito cooperativo, e cioè la possibilità di non aderire al nuovo gruppo unico conferendo gli asset bancari in una spa controllata da coop, sta tenendo in sospeso molte decisioni sul futuro del sistema. Prima di impegnare soldi nel fondo, infatti, le Bcc vogliono capire quante banche usciranno dal sistema - è possibile per quelle con patrimonio netto oltre 200 milioni che facciano istanza a Bankitalia entro il 15 giugno - e dunque in quanti metteranno effettivamente fondi nel nuovo strumento di risoluzione delle crisi. E chi ha già deciso di uscire oppure è in forse, non vuole certo mettere soldi in un veicolo che non potrà utilizzare. La norma prevede, comunque, che l’adesione al fondo vada fatta entro un mese dall’approvazione dello statuto.

Nel frattempo un nuovo caso di fallimento potenziale verrà scongiurato nelle prossime ore senza fare ricorso al fondo. Si tratta di una banca di dimensioni importanti, un’altra realtà del veneto dopo il precedente della Banca Padovana rilevata dalla Bcc di Roma. È Crediveneto, istituto che a fine 2014 aveva una patrimonio netto di 114 milioni ma che ha chiuso il 2015 con una perdita di 76 milioni e non riesce più garantire la continuità aziendale. La soluzione individuata è simile a quella di Banca Padovana: Banca Sviluppo, ben più solida, interverrà a rilevare filiali, dipendenti, impieghi e attivi.

Tornando al fondo temporaneo, la sua introduzione nella legge di riforma si è resa necessaria per il numero elevato di Bcc che potenzialmente possono entrare in una fase di crisi - la Banca d’Italia ne ha individuare 50 a fine 2015 - e per la difficoltà di attivare i fondo preesistenti. In passato si era fatto ricorso al fondo di garanzia per i depositanti, che era stato utilizzato per soccorrere le banche in difficoltà, attraverso prestiti, innesti di capitale o altro. Questo fondo, però, in quanto obbligatorio non può più essere utilizzato perché secondo l’Unione europea è assimilabile a un aiuto di Stato. Per questo motivo circa un anno e mezzo fa il sistema aveva dato vita a in fondo di garanzia istituzionale, su base volontaria e per questo non assimilabile ad aiuto di Stato. Questo fondo è stato utilizzato, ma c'era il timore, considerati i lunghi tempi di implementazione della riforma, che alla seconda o terza chiamata per salvare sempre nuove Bcc in difficoltà, qualcuno cominciasse a sfilarsi. Per questo è stato autorizzato nella legge un nuovo fondo obbligatorio, seppure temporaneo. La durata limitata e poi il subentro del nuovo gruppo bancario nei pregressi impegni, nelle attività in corso e nei rapporti giuridici in essere derivanti dall'attività del fondo dovrebbero mettere al riparo dal rischio di aiuto Stato, salvo comunque la possibilità di richiedere i finanziamenti al soggetto aiutato nel caso di contestazione da parte della Ue. Lo statuto prevede che la contribuzione al fondo avvenga in modo proporzionale all'attivo patrimoniale, con una quota attorno allo 0,2 per cento. Alle Bcc non viene richiesto di versare materialmente i fondi, cosa che avrebbe un impatto sul conto economico, ma sarebbe sufficiente un impegno su apposite voci di bilancio, a fronte del quale dare magari in garanzia titoli di Stato.

La possibilità di entrare in crisi per 50 banche del credito cooperativo segnalata nei mesi scorsi da Banca d'Italia, per quanto il bacino potenziale sia sia ridotto rispetto alle 70 di inizio 2015, sarà una delle motivazioni che porterà il sistema a spingere molti processi di aggregazione prima e durante la formazione del nuovo o dei nuovi grandi gruppi bancari. Come è noto, la riforma obbliga all’adesione a una capogruppo costituita in forma di spa, di cui le Bcc saranno azioniste ma al contempo saranno controllate attraverso un patto di coesione. Si stima che i processi di aggregazione arriveranno a interessare circa un centinaio di banche su 360 e che i potenziali esuberi connessi (gestire con processi concordati come i prepensionamenti) potrebbero essere almeno 5-6 mila.

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