All’inizio dell'anno temeva che il mondo sarebbe “affogato nel petrolio”. Ora l’Agenzia internazionale per l'energia (Aie) ha cambiato idea: l'eccesso di barili sul mercato, assicura, ha finalmente cominciato ad attenuarsi – tanto che le scorte petrolifere dei Paesi Ocse sono diminuite, per la prima volta da oltre un anno, sia in febbraio che in marzo. E nei prossimi mesi assisteremo addirittura ad una “riduzione drammatica” del surplus di greggio: nel secondo semestre l'offerta dovrebbe superare la domanda di appena 200mila barili al giorno.
Tutto questo nonostante l'Iran sia davvero riuscita, dopo la fine delle sanzioni, a ritornare in forze sul mercato: la sua produzione ha già recuperato i livelli di novembre 2011, con 3,56 milioni di barili al giorno estratti lo scorso mese, 300mila in più rispetto a marzo, mentre l'export è cresciuto di oltre il 40% a 2 mbg. Di questi 800mila hanno fatto rotta verso la Cina, mentre altri 500mila bg sono arrivati in Europa, dove evidentemente sono state superate le difficoltà nell'assicurare i carichi provenienti da Teheran.
La volata dell’Iran, insieme a incrementi più limitati dell'output in Kuwait ed Emirati arabi uniti (ma non in Arabia Saudita), ha spinto la produzione dell'Opec a 32,76 mbg, un record da aprile 2008. Ma altri elementi del quadro stanno cambiando in modo decisivo. La domanda, che l'Aie pensava destinata a indebolirsi nel corso dell'anno, si sta invece dimostrando davvero vigorosa: nel primo trimestre – nonostante la ripresa delle quotazioni del greggio – ha superato le attese, aumentando di 1,4 milioni di barili al giorno rispetto a un anno fa. A fare da traino è stata l'India, che secondo l'Agenzia parigina “sta superando la Cina come mercato a maggiore crescita per il petrolio”.
Tra gennaio e marzo l'India ha consumato 4,4 mbg, piazzandosi al quarto posto nel mondo dopo Stati Uniti, Cina e Giappone. L'incremento rispetto all'anno scorso è di 400mila bg, un terzo della crescita mondiale della domanda.
I consumi di petrolio si stanno comunque dimostrando forti anche in Cina, negli Usa e, più soprendentemente, in Russia. L’altro grande fattore di sostegno del mercato è la produzione di petrolio non Opec, che – complice una lunga serie di imprevisti, dagli incendi in Canada, alla recrudescenza delle violenze in Nigeria - sta diminuendo a ritmi superiori alle attese. L'Aie ora prevede per il 2016 un calo di 800mila bg (invece di 710mila), a 56,8 milioni di bg. Ad arretrare, come sperava l’Opec, è soprattutto lo shale oil americano. E gli effetti cominciano già ad essere visibili.
Nel primo semestre il surplus di petrolio – benché ancora imponente – dovrebbe limitarsi a 1,3 mbg. L’Aie in precedenza lo stimava di 1,5 mbg e l'anno scorso era arrivato a superare 2 mbg.
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