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Bpm-Banco, la via delle sinergie contro la crisi dei ricavi

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Bpm-Banco, la via delle sinergie contro la crisi dei ricavi


Nel 2015, separatamente, Banco Popolare e Bpm hanno generato ricavi complessivi per 5,1 miliardi. Insieme, nel 2019 e quindi tre anni dopo le nozze, arriveranno a produrne 5,2 miliardi. Appena lo 0,4% in più all'anno, secondo le proiezioni contenute nel business plan. Vale davvero la pena di imbastire un’operazione così complessa per un risultato così contenuto? La risposta si avrà solo a cose fatte, ma quello che emerge dal progetto presentato oggi sono le difficoltà strutturali di un settore destinato a combattere - nella migliore delle ipotesi - con tassi negativi almeno per altri due anni, con mercati costantemente volatili e con una crescita del Pil italiano che difficilmente si allontanerà molto dal punto percentuale prima del 2020.

Una situazione che mette a dura prova la sostenibilità prima ancora della redditività del settore bancario, oppresso da un sistema di costi (strutture, filiali, persone Npl) che difficilmente potrà essere abbattuto nel breve periodo. E così si spiega, probabilmente, il significato vero della fusione: la necessità di maggiori sinergie per compensare l’ineluttabilità dei minori ricavi. Nel piano ci sono sinergie di costo (320 milioni a regime), non a caso molto superiori a quelle di ricavo (138 milioni), tra la riduzione di 1.800 addetti e la chiusura di filiali, oltre all'ottimizzazione dei sistemi It.

Il contesto è uguale per tutti, a ognuno il compito di reagire come crede: Banco e Bpm hanno deciso di muoversi all’insegna dell'unione-fa-la-forza, si vedrà se la strada - e i partner - sono quelli giusti.

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