Finanza & Mercati

Fs, arriva il tetto al possesso azionario

  • Abbonati
  • Accedi
In primo piano

Fs, arriva il tetto al possesso azionario

  • –Celestina Dominelli

ROMA

Il copione è quello già messo a punto per Poste ed Enav puntando su una modifica dello statuto, prima dell’approdo in Borsa, in modo da sventare il rischio di una scalata ostile. Ecco perché il decreto della presidenza del consiglio dei ministri (Dpcm), approvato lunedì in via definitiva da Palazzo Chigi e contenente i criteri e le modalità per aprire ai privati il capitale di Ferrovie, contiene la previsione di un tetto del 5% al possesso azionario «per soggetti diversi dallo Stato, da enti pubblici e da soggetti da questi controllati». Tale paletto - oltre il quale i diritti di voto saranno sterilizzati , dovrà essere inserito nello statuto diversamente da quanto accaduto in passato (si pensi al caso di Enel), quando la strada battuta fu quella di un decreto ad hoc per introdurre il suddetto limite.

Per il resto, il provvedimento ricalca il dpcm varato a novembre in via preliminare e stabilisce che lo Stato conservi una partecipazione non inferiore al 60% del capitale di Fs «fatta salva - precisa il decreto - l’assegnazione dell’infrastruttutura della rete ferroviaria», la cui proprietà, come si legge nella premessa del documento, rimarrà sotto il cappello pubblico. L’alienazione potrà essere effettuata in più fasi, attraverso un’offerta pubblica di vendita rivolta ai risparmiatori, ai dipendenti di Fs - per entrambi saranno previste delle forme di incentivazione - nonché a investitori istituzionali italiani e internazionali.

Il Dpcm avvia dunque ufficialmente la procedura per portare in Borsa il gruppo guidato da Renato Mazzoncini, ma sui tempi non ci sono certezze. La privatizzazione, che avrebbe dovuto rappresentare il piatto forte del piano del governo per il 2016, è infatti già slittata più volte costringendo l’esecutivo a valutare strade alternative, a partire dalla cessione di un’ulteriore quota di Poste dopo il collocamento di ottobre a Piazza Affari, per compensare il mancato incasso di Fs per quest’anno.

I nodi da sciogliere, a cominciare dal perimetro della quotazione, sono ancora parecchi. Quanto al contesto, secondo uno studio appena sfornato in Gran Bretagna e firmato da Richard Price, ceo di Office of Rail and Road (Orr), l’autorità per le ferrovie e le autostrade del Regno Unito, e da Alfredo Del Monte, ordinario di economia e politica industriale presso l’Università Federico II di Napoli, la valorizzazione di Fs andrebbe accompagnata a una maggiore liberalizzazione del mercato. Passando in rassegna il caso della Gran Bretagna, i due studiosi evidenziano infatti come «la concorrenza tra operatori ferroviari sia stata un importante elemento per lo sviluppo del mercato: a partire dalla privatizzazione degli anni ’90 prevale il modello della concorrenza. Gli operatori gareggiano, mediante aste competitive, per avere il diritto di offrire un gruppo di servizi: di questi, alcuni realizzano profitti mentre altri necessitano di un sussidio statale». Le pressioni concorrenziali sulle imprese del settore ferroviario della Gran Bretagna, si legge nell’analisi, «hanno portato a un sostanziale miglioramento dello stesso». E l’industria ferroviaria inglese, chiariscono ancora Price e Del Monte, «è passata da essere un settore in declino a un’industria innovativa e in rapida crescita sia per quanto riguarda il traffico locale che nazionale».

© RIPRODUZIONE RISERVATA