Riproduciamo il breve discorso tenuto da Robert Solow al banchetto in occasione della consegna del premio Nobel dell’economia, a Stoccolma, il 10 dicembre 1987.
«Loro Maestà, loro Altezze reali, signore e signori,
Sono passate sette settimane da quando è stato reso noto che avevo vinto il premio Nobel dell’economia. Durante questo tempo mi è stato chiesto come risolvere i problemi economici degli Stati Uniti, della Norvegia, della Svezia, della Repubblica federale di Germania, di Israele, della Spagna, del Portogallo, dell’Argentina, del Brasile, del Messico, delle Filippine, della Cina, del Giappone e della Corea del Sud. Non c’è bisogno di dirlo: io conosco tutte le risposte a quelle domande, ma non sarebbe giusto rivelarle a voi così presto. Quindi, mi piacerebbe parlare di qualcosa d’altro, e neanche di me stesso.
Non ci devono essere molte persone in questa sala – perfino in questa sala – che non sanno che la Svezia – questo Paese molto piccolo con così poche ore di luce in inverno – ha una grande tradizione nella scienza dell’economia. Risale ad anche prima dell’inizio di questo secolo, con tali grandi nomi come Knut Wicksell, David Davidsson e Gustav Cassel, e continua giù fino ai giorni nostri. Negli anni Trenta e Quaranta e Cinquanta vi fu un impressionante rinascimento degli studi svedesi di economia, dando nascita a quella “Scuola di Stoccolma” che divenne famosa nel mondo. Ne fecero parte non meno di cinque celebrati nomi dell’economia: Erik Lindahl, Gunnar Myrdal, Bertil Ohlin ed Erik Lundberg. Ho voluto menzionarli specificamente, perché il tempo passa, ed è possibile che io sarò l’ultimo vincitore del premio Nobel che li abbia conosciuti tutti personalmente. Ci furono altri eminenti membri della Scuola di Stoccolma; devo menzionare, in questo contesto, Dag Hammarskjöld, che è meglio conosciuto da voi sotto altre vesti.
Vorrei soprattutto spendere qualche parola sul mio amico Erik Lundberg, che è mancato solo tre mesi fa. Erik era un grande economista e un uomo meraviglioso. Solo Erik Lundberg avrebbe potuto rimarcare, alla fine di un convegno su un problema molto complicato, che si era sentito confuso all’inizio e che, ora che il convegno era terminato, era ancora confuso, ma a un livello più elevato.
Le sue “confusioni” valevano più delle certezze di altra gente. Mi rattrista di non vederlo qui, perché sento che sarebbe stato felice di vedermi a questa tavola. In verità, io stesso sono felice di essere qui e desidero ringraziare i miei colleghi della Reale Accademia Svedese delle Scienze, e ringraziare tutti voi».