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Erg: «Non siamo più petrolieri ma leader in Italia nell’eolico»

Il gruppo Erg punta al repowering dei parchi eolici già esistenti ma chiede che l’Italia stabilisca norme certe per poter procedere in quella direzione, altrimenti gli investimenti potrebbero andare all’estero. L’azienda è anche interessata alla vendita retail di energia elettrica.

Inoltre valuta la possibilità di uscire dalla joint venture Total-Erg (per la commercializzazione di prodotti petroliferi) e non esclude una diluizione delle quote (63%) con cui la San Quirico spa (delle famiglie Garrone e Mondini) controlla il gruppo, mantenendo, però, una percentuale superiore al 50%.

È quanto hanno spiegato i vertici dell’azienda genovese, in occasione di una visita alla centrale idroelettrica di Galleto (Terni), acquisita nel 2015 da Eon. Il presidente, Edoardo Garrone, ha chiarito: «Forse da quest’anno potete non chiamarci più petrolieri, perché siamo orgogliosi del nostro passato ma dobbiamo guardare avanti e ormai siamo un'azienda green. Siamo l'Eni del vento». Un’ulteriore sottolineatura della svolta verde è l’ipotesi, allo studio, di cambiare il nome dell’azienda (creato dal fondatore nel 1938) da Edoardo raffinerie Garrone a Edoardo rinnovabili Garrone, mantenendo così l’acronimo “Erg”.

«Nel 2008 – ha detto Alessandro Garrone, vicepresidente del gruppo - eravamo un’azienda petrolifera, avevamo le raffinerie e ci muovevamo in un settore ad altissima volatilità». Poi il gruppo «ha disinvestito 3,3 miliardi di asset petroliferi e ne ha reinvestiti 3,9 sostanzialmente in energie rinnovabili, distribuendo anche 800 milioni di dividendi».

Per quanto riguarda il repowering, Erg, hanno spiegato Alessandro Garrone e Bettonte, è pronta a rimodernare il suo parco eolico in Italia, per mille megawatt, rinnovando gli impianti con tecnologie più efficienti. Ma manca la norma che dovrebbe dare regole certe per questo tipo di interventi, in vista della fine degli incentivi 2018-2020.

«Potremmo reinvestire nei nostri siti - ha spiegato l’a.d. Luca Bettonte - staccandoci dai vincoli di un sistema incentivante puro. Ma si tratta d’investimenti infrastrutturali che hanno ritorni lunghi, mentre manca una altrettanto chiara e definita visione della politica energetica. E se il repowering non fosse possibile, c’è poco da fare, l’estero sarebbe la risposta immediata».

A questo proposito Edoardo Garrone ha confermato come, in mancanza di regole, si corre il rischio «che gli investimenti delle aziende vadano all’estero e di non riuscire a centrare gli obiettivi Ue sulla produzione annua italiana di energia elettrica».

Bettonte ha poi affermato di guardare «alla possibilità di entrare nel mercato della vendita di energia elettrica ai clienti finali». Con la liberalizzazione del mercato nel 2018, ha affermato, «ci sono 20 milioni di consumatori che potrebbero spostarsi da un operatore a un altro e questa è un'opportunità che siamo pronti a cogliere».

Altra possibilità che Erg sta valutando è l’uscita dalla joint venture Total-Erg di cui controlla il 51%. Joint che, nel 2015, ha detto Bettonte, ha portato a casa «ottimi risultati ma che non è più parte del nostro core business. Tuttavia vogliamo che continui a essere valorizzata nel tempo. Se nel processo di valorizzazione dovesse esserci la possibilità di uscire non la scarteremmo, anche se al momento non ci sono trattative».

Bettonte ha poi prefigurato alleanze, per Erg, non tanto con operatori industriali quanto con «soggetti finanziari, interessati alla qualità dei nostri asset». Insomma, «con chi può portare la capacità di investire».

Infine Alessandro Garrone ha parlato della San Quirico, la cui quota di controllo della Erg (63%), ha chiarito, «non è scolpita nel marmo, ma sicuramente è scolpito il fatto che la famiglia ha interesse alla maggioranza, che si può esercitare anche con il 50,1%».

Oggi l’azienda può contare su 2.700 megawatt istallati di produzione di energia, 1.700 dei quali nell’eolico. Di questi ultimi, 1.095 sono in Italia e rendono Erg leader nel settore.

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