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L’era Ghizzoni tra crisi di mercato e rafforzamento del gruppo

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LA STORIA

L’era Ghizzoni tra crisi di mercato e rafforzamento del gruppo

Fu a Varsavia, il 30 settembre 2010, al termine di un pomeriggio freddo e piovoso, che per UniCredit si chiuse definitivamente l'era di Alessandro Profumo, l'uomo che aveva creato e plasmato la banca, e si aprì quella di Federico Ghizzoni. Cornice ideale per il banchiere piacentino, classe 1955, trent'anni di carriera nell'istituto ma solo da un mese entrato a far parte della pattuglia dei vice ceo di Profumo, che contava già Roberto Nicastro, Sergio Ermotti e Paolo Fiorentino, perché Ghizzoni era “l'uomo dell'Est” di UniCredit, negli anni ai vertici della polacca Bank Pekao, direttore generale della controllata turca Yapi Kredi e infine responsabile di tutta la divisione Centro Est Europa del gruppo.

Una scelta a sorpresa, quella di Ghizzoni, emerso solo nelle ore immediatamente precedenti alla riunione del board tra i candidati alla successione di Profumo e ancora all'inizio del cda dato in serrato testa a testa con Nicastro. Incertezza poi superata: mentre i rigori del clima ammorbidivano perfino la severissima security polacca, convincendola a distribuire generi di prima necessità ai cronisti accampati in cortile, ai piani alti della sede Pekao i consiglieri decidevano infine di convergere su Ghizzoni, scelto all'unanimità per la sua «forte leadership, capacità di fare squadra, grande esperienza nell'industria dei servizi finanziari internazionali, forti capacità organizzative e profonda conoscenza del gruppo», come recitava il comunicato societario. «È stata una giornata stressante, di emozione, non di business. Dopo trent'anni nella banca, è qualcosa che non posso descrivere», furono invece le prime, emozionate, parole di Ghizzoni, sceso a salutare la stampa al termine del board.

La stagione di Ghizzoni al timone di UniCredit è durata poco meno di sei anni. Anni difficili, in cui la grande crisi ha stravolto il mercato e rovesciato i presupposti stessi su cui la banca era stata forgiata, a partire dalla fede nella crescita dimensionale e nell'espansione delle masse. Anni in cui la statura paneuroepa, massimo vanto dell'era Profumo e invidiata fonte di diversificazione dei ricavi, si è sempre più spesso tradotta in problematica esposizione ad alcuni dei focolai di crisi che hanno via via incendiato l'Europa, a partire da Russia e Ucraina. In cui la stagione delle acquisizioni ha portato in dote pesanti svalutazioni degli avviamenti.

In particolare nel quinquennio 2010-2015, il gruppo ha operato in un contesto generale estremamente complesso con spread BTP Bund medio nel periodo a 220 punti base, contro i 40 punti base del quinquennio precedente; tassi di interesse ai minimi storici con l’Euribor a tre mesi medio a 50 punti base contro 2.9% nel quinquennio precedente; e crescenti pressioni regolamentari. In questo contesto Unicredit ha lavorato sul tema della qualità degli attivi, incrementando il livello di copertura al 51% contro il 39% per la media dei primi 5 competitors Italiani. Dal 2013 ha poi ceduto non performing loans per circa 10 miliardi di euro. Sul fronte dei ratio patrimoniale l’istituto è arrivato a un Cet ratio del 10.85% che si raffronta con un Core Tier 1 ratio al 8.6% nel 2010, con un rafforzamento ottenuto sia per linea organica sia attraverso la cessione di una quota della banca in Polonia, la quotazione di Fineco, la vendita di DAB. E grazie al maxi aumento di capitale da 7,5 miliardi del 2012. Allo stesso tempo il gruppo guidato da Ghizzoni ha operato nella direzione di contenimento dei costi senza ricorrere a dismissioni massive tagliando in totale quasi 2 miliardi di euro dal 2010.

Guardando i risultati ottenuti del gruppo nell’arco del quinquennio si ha un margine di intermediazione sceso da 26 a 22,405 miliardi, mentre il risultato di gestione è passato da 10,864 miliardi a 8,787 miliardi. L’ultima riga del bilancio, invece, ha visto un miglioramento da 1,323 miliardi a 1,694 miliardi. Quanto allo stato patrimoniale dell’istituto la raccolta da clientela e titoli è salita da 583,239 miliardi a 584,268 miliardi, mentre i crediti verso la clientela hanno registrato, in anni non semplici per il sistema bancario, una flessione da 555,653 miliardi a 474 miliardi di fine 2015.

A Piazza Affari nei cinque anni a gestione Ghizzoni le azioni hanno visto un saldo negativo per il 75%. Se si tiene conto dell’andamento da inizio anno, in un periodo di estrema volatilità per i titoli del comparto, l’istituto ha accumulato un ribasso del 40%. Una carrellata di numeri, che da soli, però, non possono riassumere l’operato di un manager. Ora si volta pagina e da qui a cinque anni si potrà rifare un bilancio della storia della banca.

UNICREDIT A PIAZZA AFFARI
Andamento del titolo dal 30 settembre 2010 ad oggi (Ufficio studi Sole 24 Ore)

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