La discesa dell’azionista pubblico sotto il 50% del capitale di Poste Italiane «può essere solo una maggiore garanzia per il mercato». Lo afferma la presidente, Luisa Todini, che oggi guiderà la prima assemblea pubblica della società dopo la quotazione. E a proposito dell’ipotesi, circolata nelle ultime ore, che la quota di controllo del 35% passi alla Cdp (che potrebbe esaminare il dossier in cda già domani) prima del collocamento di un’altra tranche, la presidente chiosa: «Qualsiasi decisione sull’azionariato spetta all’azionista ministero dell’Economia».
Oltre al ministero, socio con il 64,7% del capitale, in assemblea è prevista la presenza di investitori istituzionali per almeno l’11,1% del capitale su un totale del 20,9% di fondi di investimento entrati nell’azionariato. La presidente non esclude un’operazione straordinaria - alleanza o acquisizione - anche in vista della seconda tranche di Poste (almeno il 30%), ipotizzata per l’autunno. «Tra le opzioni di crescita del gruppo il management ha indicato al mercato anche possibili operazioni di alleanze o acquizioni - chiosa -. E questo nei settori di maggiore redditività: risparmio gestito, pagamenti digitali e logistica».
Oggi si terrà la prima assemblea pubblica di Poste Italiane. Quale sarà la presenza dei fondi?
Il 64,7% del capitale a oggi è controllato dal ministero dell’Economia. Gli investitori istituzionali possiedono il 20,9%, i risparmiatori il 14,4 per cento. L’unica partecipazione sopra il 2% è quella del Kuwait Investment Office. La presenza degli investitori istituzionali in assemblea è prevista attorno all’11% del capitale, con nomi quali Henderson, Axa, Piooner, Fidelity, Invest Tech, Cassa Forense e Amber Capital.
I fondi azionisti hanno diversi temi su cui esprimersi: la nuova politica di remunerazione, l’integrazione del board, l’andamento del titolo.
Questa assemblea dovrà approvare l’ampliamento del board a due nuovi membri, Giovanni Azzone, rettore del Politecnico di Milano e Mimi Kung, già ad di American Express Italia, proposti dagli investitori istituzionali. È una novità nella governance importante, perchè il ministero poteva anche non prendere l’impegno di allargare il board visto che il cda non scade quest’anno.
Come cambia nella politica di remunerazione?
La nuova policy è frutto di uno studio approfondito del comitato remunerazioni, che ha lavorato confrontando benchmark e best practices internazionali di società quotate presenti in vari settori, perchè Poste ha business variegati, il mondo delle assicurazioni, il mondo bancario, il mondo della logistica. È stato fatto un lavoro di bilanciamento dei vari aspetti molto fair, nei confronti del nostro management e nei confronti degli investitori. I bonus previsti sono incentivi importanti per raggiungere target sfidanti legati sia alla redditività del gruppo sia all’andamento del titolo in Borsa. E i risultati raggiunti nel primo trimestre (+14% i ricavi, +16% il risultato operativo, +18% il risultato netto, ndr) di quest’anno dimostrano l’impegno nell’attuazione del piano di crescita e trasformazione.
L’anno scorso avete intrdotto un bonus per l’Ipo. Alle prime linee del management sono riconosciuti complessivamente circa 2,4 milioni di euro, di cui è stato pagato il 50% nel 2015 e il resto differito a tre anni. Considerato l’andamento del titolo in Borsa, che fatica a superare i 6,75 euro del collocamento, ritiene congruo il riconoscimento?
Il bonus per l’Ipo è legato a un evento straordinario, la quotazione in Borsa della società. Il collocamento è riuscito e la performance, a sette mesi del debutto in Borsa, è di tutto rispetto se consideriamo che nello stesso periodo l’indice FtseMib ha ceduto oltre il 20 per cento.
Perché avete investito nel fondo Atlante?
L’investimento di Atlante è in linea con le politiche di investimento di Poste Vita previste nel piano industriale del gruppo, ed è stato fatto dalla nostra controllata assieme a tutto il comparto assicurativo. Poste Vita ha investito 260 milioni in un’iniziativa che promette un rendimento del 6 per cento. Se consideriamo che la società ha riserve tecniche per 106 miliardi, di cui il 73% investite in titoli di Stato, e che deve individuare settori più redditizi in cui diversificare l’operazione si giustifica da sola.
Non c’è il rischio che quel rendimento non arrivi?
Credo che investimenti a rischio zero non esistano.
Non avete già dato alla causa con l’investimento in Alitalia?
In quel caso Poste non è entrata nel capitale di Alitalia, ma in una società intermedia attraverso un finanziamento.
I miglioramenti nei risultati di bilancio sono un dato di fatto. Il mercato scommette però su un salto di qualità, un’alleanza o un’acquisizione che vi renda leader in uno dei settori per voi più redditizi
Ci si sta lavorando. E questo tenendo a riferimento i settori che possono essere di maggiore profittabilità: risparmio gestito, oggi confluito in unico polo sotto Poste Vita, i pagamenti digitali e la logistica. Sono comparti nei quali mi piace dire che noi possiamo dare le carte sul tavolo e abbiamo il lusso della scelta.
Qualche novità potrebbe arrivare entro l’anno, magari prima dell’eventuale collocamento di una seconda tranche?
Posso solo dire che tra le opzioni di crescita il management ha indicato al mercato anche possibili operazioni di alleanze o acquizioni. Mi lasci ricordare, comunque, che siamo riusciti a portare avanti la realizzazione del piano industriale anche grazie a un sindacato che si è rivelato illuminato.
Con il titolo che fatica a restare sul prezzo di collocamento non sarà complicato riuscire a privatizzare ancora quest’anno?
La decisione di privatizzare ancora la prenderà l’azionista tenendo conto delle condizioni del mercato. Ritengo che se con un’altra tranche l’azionista pubblico scenderà sotto il 50% questo potrà essere una garanzia per gli investitori istituzionali, i risparmiatori e i clienti perché aumenterà il peso specifico e il controllo del mercato sulla società.
E come vede l’ipotesi di queste ore, e cioè che il controllo di Poste passi alla Cdp prima di un nuovo collocamento?
Le rispondo che ogni decisione sull’azionariato di Poste spetta all’azionista ministero dell’Economia.
Nonostante la privatizzazione Poste è molto impegnata nel sociale.
Abbiamo creato la Fondazione Poste Insieme, una onlus separata dall’azienda, con una propria governance, che investe sul territorio sostenendo anziani, famiglie in difficoltà, minori e giovani in situazione di svantaggio sociale. Siamo partiti dai 30 bambini tra 0 e 6 anni che sono nelle carceri con le mamme. Li ospiteremo in una casa famiglia a Milano e in un edificio sequestrato alla malavita a Roma, dove potranno crescere senza traumi. Solo su questo stiamo investendo circa 200 mila euro in un anno.
Nei giorni scorsi il Tar del Lazio ha chiesto alla Corte di Giustizia europea di valutare l’esistenza di una eccessiva discrezionalità della norma italiana, che consente la consegna a giorni alterni fino al massimo del 23% della popolazione, rispetto alla direttiva europea sui recapiti. C’è il rischio che si arrivi all’apertura di una procedura di infrazione verso l’Italia?
La sensazione è che possa accadere l’esatto contrario, e cioè che la scelta italiana possa fare da apripista per altri paesi europei. Quello che abbiamo proposto va incontro alle esigenze dei cittadini: il nostro impegno è la consegna a giorni alterni, ma con la certezza che la posta in quei giorni arrivi. È possibile quindi che faremo da apripista per una futura riforma della direttiva europea sui recapiti che renda più flessibili i margini della consegna a giorni alterni.
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