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UniCredit: Ghizzoni lascia, si stringe sulla successione

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UniCredit: Ghizzoni lascia, si stringe sulla successione

Federico Ghizzoni in un'immagine d'archivio. (Ansa/ Claudio Onorati)
Federico Ghizzoni in un'immagine d'archivio. (Ansa/ Claudio Onorati)

Federico Ghizzoni è pronto al passo indietro. Come previsto, ieri il manager - che aveva maturato la decisione da tempo - ha dato la disponbilità a lasciare l’incarico di ceo di UniCredit: le dimissioni vere e proprie, com’è ovvio, arriveranno all’ingresso del successore, e fino ad allora Ghizzoni manterrà tutte le deleghe operative. Ma il processo è avviato e ora la palla passa al presidente Giuseppe Vita, a cui toccherà istruire e guidare la procedura di successione; cinque anni fa, quando si era dimesso Alessandro Profumo, il nome del sostituto era arrivato in nove giorni sottola regìia di Dieter Rampl. Ora le condizioni - e la Vigilanza - sono diverse, ma l’obiettivo è quello di fare in fretta.

Un esito poco più che scontato, quello di ieri, viste le pressioni crescenti degli ultimi giorni. Cioè da quando, lunedì scorso, in un’insolita riunione ristretta - proprio nell’ufficio di Ghizzoni - alcuni soci pesanti avevano fatto presente la necessità di un ricambio al vertice, dando voce ai mugugni degli ultimi mesi corroborati tra l’altro da un titolo dimezzato in un anno. Ma UniCredit è una Sifi, una banca sistemica, vigilata dalla Bce e dunque - per questioni di forma e di sostanza - serviva una pronuncia del consiglio. Di qui appunto la convocazione straordinaria di ieri alle 16, il giro di tavolo tra i componenti del board, al termine del quale tutti i presenti «hanno constatato che sono maturate le condizioni per un avvicendamento al vertice del gruppo», così come recita una nota della banca.

Le dimissioni arriveranno in quel momento, per ora quel che conta è che «Federico Ghizzoni ha dato la propria disponibilità a definire, insieme al presidente,una ipotesi di accordo per la risoluzione del rapporto, da sottoporre poi agli organi competenti»: con i paletti imposti dai regulators, non sarà difficile - in seno al comitato remunerazioni, guidato da Alessandro Caltagirone - mediare sulla buonuscita, che secondo alcuni dovrebbe aggirarsi intorno ai 10 milioni anche in virtù di un’intera carriera spesa in banca.

In parallelo, partirà la caccia al nuovo ad. Anche in questo caso la palla è del presidente, che il cda «ha incaricato di avviare il processo di successione». Com’è da prassi, qui tocca al Comitato governance e nomine scegliere un head hunter: la prossima riunione è in agenda per il primo giugno, e a ieri sera non c’era notizia di una convocazione straordinaria prima di allora.

La settimana successiva, il 9, si riunirà il cda: in molti sperano che già si possa parlare di nomi ma non sarà facile. A Ghizzoni, che supporterà il nuovo ad nella fase di successione, è andato un riconoscimento formale da parte del cda, che ha espresso all’unanimità il proprio ringraziamento «per l’alta qualità del lavoro svolto nell’interesse del Gruppo UniCredit, degli azionisti e dei dipendenti», sottolinea la nota. Non solo, il board «ha anche espresso un forte apprezzamento per la grande competenza e la totale dedizione con cui ha guidato la Banca in condizioni di mercato estremamente difficili».

Le prossime tappe
Tornando alla ricerca del successore, il comitato nomine - presieduto da Luca Cordero di Montezemolo e composto anche da Vita, dagli altri due vice presidenti, Vincenzo Calandra Buonaura e Fabrizio Palenzona, e dai consiglieri Alessandro Caltagirone, Clara Streit ed Elena Zambon - dovrebbe affidarsi a un head hunter. Tra le società papabili, già contattate in questi giorni, sembrano fuori Spencer Stuart (a fianco del cda per l’ultima autovalutazione) e Russell Reynolds (consulente di Assogestioni) e quindi rimarrebbero Egon Zehnder, storico partner della banca, o Korn Ferry che pare favorita. Se ancora mancano i selezionatori parrebbe prematuro ragionare dei candidati alla successione, ma anche in questo caso i contatti sarebbero in corso da giorni tra i soci e i papabili. Anche perché sulla carta i candidati in grado di prendere in mano le redini di una banca con 100mila persone e 892 miliardi di attivi sparsi per 17 diversi Paesi sono pochi. Tra questi, i nomi che risulterebbero più graditi agli azionisti sono quelli di Marco Morelli, attualmente vice presidente di Bofa-Merrill Lynch e Jean-Pierre Moustier, già capo del Cib, a cui si aggiungono Alberto Nagel (Mediobanca), Carlo Cimbri (UnipolSai) e Bruno Ermotti (Ubs), accomunati dall’aver respinto le prime avances ma considerati ancora in corsa visto il gradimento di alcuni soci.

L’azionariato
Dietro a ogni profilo ci sono scenari diversi quanto a strategie e mercati di riferimento, un terreno su cui si misurerà la concordia dei soci, una compagine piuttosto eterogenea. Il principale azionista di Unicredit oggi à Aabar luxembourg, il fondo sovrano di Abu Dhabi, con una quota poco sopra il 5%, alle sue spalle Blackrock, che ha recentemente comunicato la discesa al 4,993%. Il primo socio italiano è la Fondazione Cariverona, con una quota scesa recentemente sotto al 3% dopo essere stata a lungo sul 3,46% (l’aggiornamento non è stato ufficialmente comunicato, ma nel bilancio 2015 l’ente veneto aveva il 2,83% della banca); segue la Banca centrale della Libia, attestata del 2,923% del capitale, e sopra la soglia del 2% resta poi solo la fondazione Cassa di risparmio di Torino (Crt), con il 2,517%. Al di sotto soci privati di spicco come Leonardo Del Vecchio (era salito fino al 3% nella primavera del 2013 per poi scendere di un punto percentuale due anni dopo) o Caltagirone.

Il tema della presidenza
Il rimescolamento delle carte si limiterà al ceo? Non è detto. C’è chi ritiene in discussione anche il presidente Giuseppe Vita, che tuttavia potrebbe blindare la propria posizione con una gestione efficiente del processo. In ogni caso, anche qui tra i papabili per una successione rimane Lucrezia Reichlin, già in consiglio come rappresentante dei fondi, oppure lo stesso Ghizzoni: il manager già l’anno scorso aveva anticipato ai soci di essere disponibile a un solo mandato in più, e con loro si era ipotizzato un passaggio alla presidenza con il rinnovo del 2018; uno schema che si potrebbe recuperare adesso, anche se ambienti vicini al ceo lo ritengono poco probabile. Anche perché, chiunque sia, il successore dovrà mettere mano alle prime linee del management nonché a un possibile aumento di capitale, opzioni finora scartate da Federico Ghizzoni.

I dossier aperti
A proposito di aumento, ieri il mercato - dove il titolo UniCredit è tornato sopra i 3 euro (+4,87%, sulla scia degli altri bancari) - ha continuato a ragionare sull’eventuale necessità di una manovra, che continua ad aggirarsi tra i 4 e i 9 miliardi. Tutto dipenderà naturalmente da chi siederà al posto di comando, che dovrà anche aprire l’eventuale dossier operazioni straordinarie: c’è il capitolo cessioni ma anche quello alleanze con Pioneer-Santander sull’asset gathering che sembrerebbe a rischio visto l’iter regolatorio non ancora ultimato.

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