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Disputa su Karachaganak Astana pronta all’arbitrato con Eni e gli altri…

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Disputa su Karachaganak Astana pronta all’arbitrato con Eni e gli altri soci

Il Kazakhstan potrebbe ricorrere in arbitrato contro l’Eni e gli altri soci del consorzio che gestisce il giacimento di Karachaganak. L’ha dichiarato alla Reuters il ministro dell’Energia Kanat Bozumbayev, aggiungendo di temere nuove «accese trattative» anche per Kashagan, lo sfortunato giacimento petrolifero che dopo investimenti miliardari è stato fermato da un problema tecnico a pochi giorni dall’avvio della produzione nel 2013. Anche in questo caso la compagnia italiana è coinvolta, con il 16,81% della North Caspian Operating Company (Ncoc), che annovera tra gli altri anche Royal Dutch Shell, ExxonMobil e Total.

La disputa su Karachaganak viene definita «di routine» da Bozumbayev, che spera ancora di raggiungere una soluzione extragiudiziale dopo che Astana ha depositato in tribunale una richiesta di danni per 1,6 miliardi di dollari (si veda il Sole 24 Ore del 6 aprile). «Se non riusciremo a raggiungere una accordo finale ci sarà un arbitrato», aggiunge ora il ministro, spiegando che il Kazakhstan non ha nessuna intenzione di modificare il contratto con i partner stranieri, un Production sharing agreement (Psa), ma che sta solo «difendendo la sua posizione nell’ambito del Psa», in relazione a come viene suddivisa la produzione tra Astana e la Karachaganak Petroleum Operating Bv (Kpo), di cui Eni è operatore e socio con il 29,25%, alla pari con Shell. Chevron ha il 18%, Lukoil il 13,5% e la locale KazMunaiGaz (Kmg) il 10%.

Secondo fonti del Sole 24 Ore motivo del condere è il presunto double counting da parte del consorzio di alcune spese, che sarebbero state dedotte a fini fiscali ma incluse per intero ai fini del calcolo del divisible income: in pratica, la cassa generata dal progetto, che viene spartita tra il Kazakhstan e i suoi partner.

Per Kashagan, afferma il ministro Bozumbayev, l’attenzione è al momento rivolta a riattivare la produzione: «Speriamo che sarà entro la fine dell’anno, magari un paio di mesi prima». L’obiettivo è estrarre tra 50mila e un milione di tonnellate di petrolio quest’anno, 3-5 milioni il prossimo e 7 milioni nel 2018.

«Poi però dovremo immediatamente avviare negoziati su cosa fare dopo - aggiunge il ministro - Le trattative saranno accese, perché lo Stato insisterà che gli investitori tengano fede ai loro impegni, ma loro guarderanno ai prezzi di mercato».

Col barile a 50 dollari le compagnie petrolifere potrebbero in effetti essere restie a deliberare nuovi investimenti, sopratutto in un giacimento “difficile” come Kashagan. Sempre in Kazakhstan tuttavia potrebbe nonostante tutto partire la seconda fase di sviluppo di Tengiz. Chevron, alla guida del relativo consorzio di sviluppo, non ha smentito la possibilità - ventilata da Bozumbayev - che il via libera all’investimento possa arrivare a breve. Il ministro parla addirittura di giugno, per un progetto di espansione che costerebbe 36-37 miliardi di dollari.

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