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I grandi soci veneti puntano al 20-25%

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LO SCENARIO

I grandi soci veneti puntano al 20-25%

Stefanel, Silvia e Giampaolo Buziol di Replay, le Acciaierie Valbruna, Gianfranco Zoppas. Ma anche i piemontesi Pietro d’Aguì, la famiglia Segre, la MaVa della famiglia Giovannone.

Sono molti i nomi dell’imprenditoria e della finanza italiana che si ritrovano tra i grandi azionisti di Veneto Banca. Dai Ferrarini al gruppo Ferretto, da Enrico Marchi (Save e Finint) alla famiglia Piovesana, da Renè Caovilla a Mecc Alte, da Dottor Group a Cereal Docks, da Carlo Benetton ai fratelli Beretta dell’azienda di salumi di Lecco, a Riso Scotti: società medio grandi della manifattura e non solo che detengono in portafoglio milioni di azioni. Sono pronte queste imprese a sostenere l’istituto di Montebelluna e a sottoscrivere l’aumento di capitale? Il territorio – non solo quello veneto – crede ancora in Veneto Banca? «Le aziende sono sempre state al centro del core business di Veneto Banca.

In passato l’istituto le ha sempre sostenute: sono certo che ora queste imprese sosterranno la loro banca», così si esprime Bruno Zago, presidente dell’associazione dei grandi soci Per Veneto Banca, fautrice, assieme alle altre associazioni spontanee, del ricambio al vertice e dell’ascesa dell’attuale cda guidato da Stefano Ambrosini.

«Posso dire con una certa tranquillità - spiega Zago - che tutti gli azionisti della nostra associazione sottoscriveranno l’aumento e che questa compagine raggiungerà il 10% del miliardo di capitale. Ma sono ottimista anche sul raggiungimento del 20 o del 25%. Sono convinto che i soci risponderanno. Treviso non è Vicenza».

Che Treviso non sia Vicenza, almeno a livello di “clima”, è confermato da più parti, ed è apparso chiaro anche durante l’ultima assemblea, quando fino al giorno stesso dell’assise nessuno avrebbe dato per certo il cambio del board. Inoltre, a differenza di qualche settimana fa, si sta profilando un diverso approccio del fondo Atlante nei confronti di Montebelluna, ovvero l’intenzione da parte del veicolo di Quaestio di avere il controllo quasi totale della banca, come è accaduto per la Vicenza, e questo provocherebbe, a detta degli imprenditori veneti, un moto d’orgoglio da parte degli azionisti e una maggiore spinta a sottoscrivere l’aumento. «Dobbiamo far capire ai soci che è cambiata l’aria e che la banca può rinascere. Andare in Borsa sarebbe un ottimo risultato», conclude Zago.

La prudenza, però, resta d’obbligo. Durante il pre-marketing sono avvenuti contatti con circa 250 potenziali investitori, si sono registrati interessi da parte di soggetti esteri, ma palesi dichiarazioni d’intenti non ne sono arrivate. A parte l’apertura da parte di Mediobanca che non escluderebbe un intervento da un’ottantina di milioni nell’aumento.

Tutti aspettano di sapere a quanto sarà fissato il prezzo delle azioni (cosa che avverrà ufficialmente lunedì) e se l’ombra di quei 10 centesimi per azione come prezzo minimo della forchetta, ipotesi circolata ieri, diventi reale. Restano dunque in silenzio i grandi nomi dell’imprenditoria veneta - tra gli altri, Mario Moretti Polegato (Geox), Furio Bragagnolo (Pasta Zara), Cesare Bonotto - tutti in attesa degli sviluppi dei prossimi giorni, visto che l’interesse e la volontà di spendere 250 milioni di euro per raggiungere il flottante sono inevitabilmente condizionati dal prezzo delle azioni.

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