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Con il rischio Brexit l’oro torna a correre

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I BENI RIFUGIO

Con il rischio Brexit l’oro torna a correre

  • –di Sissi Bellomo

Sei mesi fa sembrava senza speranza, invece l’oro si è rivelato una delle migliori scommesse del 2016 per gli investitori. E ogni volta che il rally sembra perdere fiato, emergono nuovi spunti a giustificare gli acquisti. Anche ieri - nella generale fuga dal rischio che ha caratterizzato la seduta sui mercati - le quotazioni del lingotto hanno guadagnato terreno, arrampicandosi fino a 1.277,70 dollari l’oncia sul mercato spot londinese, il massimo da tre settimane, nonostante soffiasse un potente vento contrario: la valuta americana, di solito inversamente correlata all’oro, si stava rafforzando.

Anche il dollaro, come il metallo prezioso, è un bene rifugio. E non è improbabile che riescano a correre insieme in una giornata come quella di ieri, caratterizzata da forti vendite sui listini azionari e soprattutto dalla caduta dei rendimenti di titoli di Stato, addirittura ai minimi storici nel caso di quelli emessi da Germania, Giappone e Gran Bretagna.

Brexit sta spaventando sempre di più i mercati, man mano che ci si avvicina al fatidico appuntamento del 23 giugno. Poco importa se l’esito del referendum, che potrebbe segnare l’uscita di Londra dall’Unione europea, è tutt’altro che scontato. La corsa all’oro sembra essersi scatenata in modo particolare proprio in Gran Bretagna, dove diversi rivenditori di monete e lingotti - secondo la Reuters - stanno facendo grandi affari nelle ultime settimane.

Il successo dell’oro tuttavia non ha confini, quanto meno nel mondo occidentale, perché - a differenza che in passato - la domanda in Asia continua a mantenersi tutt’altro che brillante.

Prima del rischio Brexit, a sostenere il lingotto c’è stato il cambio di rotta della Federal Reserve: dopo i brutti dati sull’occupazione in maggio, nessuno si aspetta più in rialzo dei tassi di interesse alla riunione della prossima settimana. Prima ancora della Fed, all’inizio dell’anno, la molla per gli acquisti era stata invece il rischio Cina, dopo il disastroso crollo dei listini di Shanghai e Shenzhen.

Anche nomi eccellenti della finanza, come George Soros, si sono lasciati conquistare dall’oro: passione che fa da corollario al pessimismo sui mercati. Il finanziere 85enne è tornato a fare trading, scommettendo al ribasso sul listino di Wall Street e facendo man bassa di azioni di società aurifere e Etf sul metallo prezioso (si veda il Sole 24 Ore del 17 maggio). Una strategia che sembra condivisa da parecchi investitori, compreso probabilmente un altro “guru” - nonché Cassandra - dei mercati:  Jeffrey Gundlach di Double Line Capital, prevede che l’oro raggiungerà 1.400 dollari l’oncia.

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