
L’unione fa la forza. In un mercato petrolifero che vede tuttora ingessate le attività di fusione e acquisizione, Bp e Det Norske Oljeselskaphanno annunciato un’operazione da 1,3 miliardi di dollari, con cui daranno vita alla maggiore società indipendente europea di esplorazione e produzione. La nuova entità, battezzata Aker Bp, concentra le sue attività in Norvegia, un’area in cui si sono aperte grandi opportunità di sviluppo con la recente assegnazione di licenze nell’Artico, cui è affidata la speranza di compensare in futuro il declino della produzione del Paese.
La stessa Aker Bp, che sarà quotata a Oslo, ha ambiziosi obiettivi di crescita. Il suo output, oggi di 122mila barili equivalenti petrolio al giorno, dovrebbe più che raddoppiare entro il 2023, ad almeno 250mila bg, con il previsto avvio di nuovi giacimenti. C’è inoltre l’intenzione di acquistare ulteriori asset, «principalmente petroliferi e sempre privilegiando il valore piuttosto che i volumi», ha specificato il ceo di Det Norske, Karl-Johnny Hersvik, che conserverà l’incarico dopo la fusione.
La neonata società sarà il secondo operatore in Norvegia, superata solo dalla compagnia nazionale Statoil: con circa 65mila bg la svedese Lundin Petroleum (partecipata al 20% dalla stessa Statoil) è stata surclassata.
Bp ha scorporato e conferirà in Aker Bp - di cui possiederà il 30% - una parte delle sue attività norvegesi, che comprendono anche giacimenti molto vecchi, come Valhall e Ula, in produzione rispettivamente dal 1982 e dal 1986. Più preziosa la dote di Det Norske, di cui fa parte anche l’11,6% di Johan Sverdrup: un giacimento “giant”, con riserve stimate di ben 3 miliardi di barili, che lo qualificano come la più grande scoperta da oltre trent’anni nel Mare del Nord, un’area considerata da tempo matura. Il petrolio dovrebbe iniziare a sgorgare dai suoi pozzi già nel 2019.
Det Norske si è inoltre aggiudicata una delle licenze che la Norvegia ha assegnato il mese scorso nel Mare di Barents, nella prima gara indetta dal 1994. Si tratta di un’area quasi del tutto inesplorata, ma potenzialmente ricchissima, in una regione artica meno ostile di altre, grazie ad acque meno profonde e alla presenza della corrente del Golfo, che la libera dai ghiacci. L’italiana Eni vi ha da poco avviato la produzione del maxigiacimento Goliat.
Socio di maggioranza di Aker Bp, con una quota del 40%, sarà la Aker, veicolo d’investimento del miliardario norvegese Kjell-Inge Rokke, che a sua volta controlla Det Norske. Gli azionisti di quest’ultima avranno il restante 30%.
La struttura dell’operazione prevede che Det Norske emetta nuove azioni, con cui pagherà gli asset di Bp Norge. Aker a sua volta ne rileverà una quota. A Bp andranno anche 140 milioni di dollari in contanti: una somma modesta, che comunque contribuirà al piano di dismissioni della compagnia britannica, che ha un obiettivo di raccogliere 3-5 miliardi quest’anno. «L’idea di vendere semplicemente gli asset e abbandonare il Paese per noi non era un’opzione», ha dichiarato Bob Dudley, ceo di Bp.
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