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«A Veneto Banca serve un partner»

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«A Veneto Banca serve un partner»

  • –Marco Ferrando

Affacciarsi sul mercato di questi tempi per una banca «è difficile ma non impossibile», ha detto venerdì Cristiano Carrus, direttore generale di Veneto Banca. E sull’operazione da un miliardo partita mercoledì di più non si può dire. Di quello che è stato prima e sarà dopo, invece, decide di parlare il presidente Stefano Ambrosini, alla sua prima intervista dopo essere diventato presidente della ex popolare. Un risultato inaspettato per un candidato all’apparenza lontano dall’ecosistema bancario veneto: in realtà l’avvocato torinese, professore alla Luiss nonché all’Università del Piemonte orientale, frequenta stabilmente il Nord-Est da tempo, cioè da quando assisteva decine di soci “traditi” della vicina Popolare di Vicenza. Tra Vicenza e Montebelluna la distanza è breve e spesso i soci delle due ex popolari sono gli stessi, dunque di qui è nata l’idea di coinvolgere il 47enne esperto di ristrutturazioni aziendali (commissario di Alitalia, da ultimo di Tirrenia e della Fondazione Maugeri), da tempi non sospetti membro di Ned community, l’associazione dei consiglieri indipendenti. Fortunata casualità, l’elezione in assemblea è arrivata pochi giorni dopo aver concluso un’altra esperienza para-bancaria, cioè otto anni nel consiglio della Compagnia di San Paolo.

Professore, come ha trovato la banca? Dal maxi-prospetto per l’aumento emerge una situazione complessa.

Dopo le palesi e gravi irregolarità del passato, ho scoperto un gruppo impegnato già da qualche tempo in uno sforzo erculeo per recuperare la redditività e ripristinare la piena legalità. Lo smaltimento dei crediti deteriorati e la continua attenzione sul capitale rappresentano le due sfide più grandi.

Il Piano Serenissima, peraltro elaborato da chi vi ha preceduto, rimane credibile?

Assolutamente sì. Non a caso gli obiettivi sono stati interamente confermati dal cda, unico organo responsabile della scelte strategiche, come pure la conduzione operativa da parte del direttore generale, Cristiano Carrus.

Con l’aumento per i soci l’alternativa è tra un investimento molto rischioso e il quasi azzeramento della quota. Qual è il clima?

Premesso che da parte mia c’è il massimo rispetto per gli azionisti, specie per chi ha subìto danni in certi casi davvero devastanti, il clima, pur tra mille difficoltà, non mi pare affatto negativo, al di là dell’oggettiva e risaputa rischiosità dell’investimento.

In effetti i grandi soci che l’hanno candidata per il consiglio dicono di voler superare il 50%, e di aver addirittura già raggiunto il 60.

Guardi, in generale suggerirei di evitare dichiarazioni roboanti che oltre a non poggiare ancora su dati di fatto ma su meri auspici rischiano solo di turbare il mercato.

Come sono i rapporti con Atlante?

Siamo l’oggetto della loro garanzia, pertanto mi sembra corretto astenermi da rapporti fino al 24 giugno, alla chiusura dell’aumento. Personalmente ho grande considerazione per le elevate professionalità del fondo, del suo comitato investitori e delle strutture di Quaestio.

Crede che alla fine Atlante acquisirà il controllo della banca?

Non ho elementi per formulare una prognosi, ma in ogni caso mi sembra un’eventualità tutt’altro che remota nè funesta.

È ormai preclusa la via dell’m&a?

Mi sembrano ragionamenti prematuri, la banca e il suo azionariato se ne occuperanno a tempo debito.

Anche lei, come il direttore generale, pensa che Veneto Banca abbia comunque bisogno di un partner?

Sì, in prospettiva l’esigenza è quella di un’integrazione, ma non di un’annessione ’colonialista’ da parte di altri.

La Bce vi marca stretti?

Ovviamente con la Vigilanza siamo costantemente in contatto. Comunque sono fermamente convinto che le direttive e le indicazioni dei regolatori vadano seguite in modo scrupoloso: la pronta ricapitalizzazione della banca è una priorità assoluta.

Che aria si respira in consiglio?

La composizione è eterogenea, il che può essere un problema ma molto più spesso è una ricchezza. In ogni caso il board sta lavorando molto intensamente, al ritmo di almeno una riunione a settimana, ed è compatto nel lavoro per l’esclusivo interesse della banca e per il suo risanamento.

Dopo l’aumento, e il possibile ingresso di Atlante, il cda potrebbe valutare di rimettere il mandato?

È prematuro parlarne, il cda deciderà in base alla composizione dell’azionariato. Peraltro, personalmente ho sempre detto che il mio mandato è a disposizione a prescindere dalla compagine sociale.

Conferma l’intenzione di procedere con l’azione di responsabilità contro i passati vertici?

Il 5 maggio è emersa un’esigenza forte e chiara di fare piena luce sui comportamenti passati e una nuova assemblea è convocata per il 15 luglio per dare voce alla volontà dei soci. I complessi accertamenti sono in corso, non posso escludere l’eventualità di un rinvio tecnico per acquisire tutti gli elementi necessari, in ogni caso non oltre la fine di settembre.

Professore, tra l’aumento e i delicati equilibri tra i soci la situazione non è facile. Che ci fa un noto giurista come lei, peraltro torinese, alla presidenza di Veneto Banca?

Mi hanno dichiaratamente coinvolto come figura indipendente e di garanzia, tanto è vero che adesso talvolta mi si rimprovera un eccesso di indipendenza dai soci. A loro rinnovo la gratitudine per la fiducia, ma credo fermamente che l’indipendenza sia un valore in sè: non ha senso parlare di eccesso, rispetto a ciò che è un obbligo giuridico e, per qualcuno, un habitus mentale e culturale. Personalmente mi auguro di non far troppo male in questo ruolo, senza venir mai meno al dovere di sana e prudente gestione.

.@marcoferrando77

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