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Troppo petrolio? Presto le forniture Opec potrebbero non bastare

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Troppo petrolio? Presto le forniture Opec potrebbero non bastare

  • –di Sissi Bellomo
(afp)
(afp)

Per la prima volta da tre anni l’offerta di petrolio dall’Opec si avvia ad essere inferiore alla richiesta del mercato: una svolta che si sta realizzando senza che siano stati deliberati tagli di produzione e che quindi sembra decretare il successo della strategia avviata nel 2014 per volontà dei sauditi. Nel terzo trimestre potrebbero mancare all’appello 500mila barili di greggio dell’Organizzazione, mentre nel secondo semestre il gap potrebbe esssere in media di 160mila bg. Le cifre vanno prese con le molle, prima di tutto perché è l’Opec stessa a fornirle, sia pure con il contributo di terze fonti.

Inoltre, il processo di riequilibrio tra domanda e offerta di greggio non è soltanto frutto della resa dei produttori concorrenti, ma è stato accelerato da una lunga serie di emergenze, che hanno colpito anche Paesi dell’Opec: alla crisi della produzione libica, si stanno sommando le crescenti difficoltà dell’industria petrolifera venezuelana e soprattutto il crollo delle estrazioni in Nigeria. È legata in particolare a quest’ultimo la discesa della produzione Opec a 32,36 milioni di bg in maggio, livello che sarebbe per l’appunto insufficiente a soddisfare il fabbisogno (il cosiddetto “call on Opec”).

La maggior parte degli analisti ormai converge sulla previsione che domanda e offerta di petrolio siano avviate a riallinearsi verso la fine dell’anno. Lo scenario è tuttavia denso di incognite, non solo relative alla tenuta della domanda.

In maggio si stima che 3,6 mbg di produzione fossero fuori gioco nel mondo: un record probabilmente dai tempi dell’invasione irachena del Kuwait nel 1990. Una parte delle emergenze - ad esempio quella legata agli incendi in Canada - dovrebbe rientrare in tempi relativamente brevi.

L’offerta sta tuttavia calando, presumibilmente in modo più duraturo, anche per motivi economici: la Cina - quarto fornitore mondiale - ha visto calare la produzione di greggio del 7,3% lo scorso mese (a 3,99 mbg), il maggior crollo da 15 anni. Trattandosi di risorse convenzionali, il riavvio non sarà immediato.

Diverso il caso dello shale oil americano, che secondo molti operatori potrebbe rialzare la testa se le quotazioni del barile si mantengono sopra 50 $ o, a maggior ragione, se si spingono oltre. È anche per questi timori, probabilmente, che il rally del petrolio ha subito una battuta di arresto: ieri il Wti ha chiuso a 48,88 $ e il Brent a 50,35 $, entrambi in ribasso dello 0,4%.

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