Finanza & Mercati

Banche e tetto ai bond: sussulto di razionalità

  • Abbonati
  • Accedi
L'Analisi|L’ANALISI

Banche e tetto ai bond: sussulto di razionalità

C’è almeno un punto, non irrilevante, sul quale, nel compromesso raggiunto ieri all’Ecofin, sembra aver prevalso la razionalità sulle chiusure ideologiche finora manifestate dai tedeschi.

Si tratta del fatto che a questo punto non si prospetta più a breve termine (entro il 2018, come volevano i tedeschi) la limitazione dell'esposizione delle banche al debito sovrano, che viene rimandata invece come un «possibile passo» da considerare solo dopo che il Comitato di Basilea per gli standard bancari internazionali avrà preso eventuali decisioni in merito. È la posizione che il ministro italiano dell'Economia, Pier Carlo Padoan, ha sempre sostenuto nei tavoli europei, sapendo di avere su questo terreno anche l'appoggio del governatore della Banca d'Italia, Ignazio Visco, e quello del presidente della Bce, Mario Draghi. Nei mesi scorsi, Visco aveva rilevato che «il mero riconoscimento che non esiste alcuna attività finanziaria completamente libera da rischi non implica di per sé che si debbano cambiare le regole per le esposizioni in titoli sovrani». E a proposito della necessità di dare una ponderazione positiva di rischio agli investimenti delle banche in titoli pubblici aveva offerto il garbato no di Via Nazionale alle argomentazioni del presidente della Bundesbank, Jens Weidmann: «La mia personale opinione –aveva sottolineato Visco - è che i benefici potenziali di una riforma sarebbero incerti, mentre i costi sarebbero notevoli. E, nella misura in cui questo saldo tra i pro e i contro resta incerto, sarebbe un atteggiamento più prudente attendere che il Sistema finanziario si riprendesse pienamente e che si adattasse all'importante serie di riforme adottate dall'inizio della crisi, prima di fare nuovi cambiamenti». Inoltre, le recenti modifiche dell'assetto regolamentare e legislativo hanno già consentito di compiere significativi progressi verso la rottura del circolo vizioso tra banche e titoli sovrani. Non basta. Un ipotetico inasprimento degli standard regolamentari - aveva sottolineato ancora Visco - non sarebbe sufficiente per preservare le banche dal default del proprio debito sovrano, in quanto ai default sovrani si associano gravi crisi economiche, il cui impatto negativo sulle banche nazionali è assai ampio. Ma soprattutto l'imposizione di una ponderazione del rischio diversa da zero o, peggio, di limiti in termini di concentrazione, colpirebbe in modo particolarmente grave la capacità delle banche di assorbire gli shock in caso di stress sui titoli pubblici. E la conclusione è che, fintanto che le banche agiscono da investitori “contrarian” (cioè vendono asset quando i mercati si surriscaldano e li comprano quando sul mercato prevale l'Orso), in realtà gli acquisti di debito sovrano, nei momenti in cui i titoli di stato sono soggetti a difficoltà (nonostante fondamentali economici solidi), hanno effetti benefici per la stabilità finanziaria. Questo tipo di ragionamenti sembrano finalmente aver fatto breccia anche in rapporto al rigido modo di ragionare tedesco. Del resto, i titoli di Stato detenuti dalle banche pesano già ora indirettamente sul capitale accantonato a fronte dei rischi attraverso l'indicatore prudenziale di leva finanziaria; pesano nel rapporto di liquidità, pesano sotto il profilo contabile su profitti e perdite e soprattutto pesano dentro nei calcoli realizzati con gli stress test condotti dalle autorità di vigilanza, come accadde nel 2014. Padoan ha più volte ricordato che «il trattamento prudenziale attuale già include misure che considerano l'esposizione sovrana delle banche» con «fattori di mitigazione del rischio». Il maggior peso dei titoli di Stato italiani detenuti dalle banche italiane (375 miliardi allo scorso febbraio) si è rivelato finora quello applicato nello stress test del 2014: nello scenario avverso, per simulare la resistenza agli shock, all'epoca vennero applicati tassi a lungo termine del 5,8% per il 2016 e il titolo di Stato posseduto dalle banche è stato allora soppesato in funzione delle sue diverse finalità: di negoziazione (held for trading), in base al fair value, per la vendita (available for sale). Di queste diverse categorie in prospettiva terrà conto anche Basilea3, con una regolamentazione implementata entro fine 2017 che dovrebbe cancellare, a partire dal 2018, il filtro che neutralizza le perdite e i profitti non realizzati anche sui titoli di Stato. Anche l'industria bancaria italiana e quella europea, infine, hanno fatto sentire la loro voce, sottolineando con forza che è opportuno che questo tipo di regolamentazioni vengano definite in un foro a raggio d'azione globale, altrimenti l'Europa finirebbe con il praticare solo una sorta di autolesionismo attivo.

© Riproduzione riservata