Finanza & Mercati

«Sì ai bond bancari, meglio se subordinati»

  • Abbonati
  • Accedi
il gestore della settimana

«Sì ai bond bancari, meglio se subordinati»

Come potrebbe impattare l’esito del referendum britannico sul comparto obbligazionario?

L’eventuale uscita della Gran Bretagna dalla UE avrebbe limitati effetti sul comparto obbligazionario: le autorità monetarie competenti (Bce e Banca d’Inghilterra) presidiano il mercato costantemente e hanno promesso liquidità illimitata nel caso in cui si verificasse il temuto scenario di una Brexit. Ci aspettiamo volatilità sul mercato del credito, da cogliere come opportunità di acquisto. L’impatto più pesante sarebbe verosimilmente subìto dalla sterlina: pur già indebolita, potrebbe soffrire di un ulteriore ribasso che il consenso degli analisti quantifica tra il 5 e il 10%.

La Yellen ha allontanato le aspettative su un rialzo dei tassi Usa. Lei cosa ne pensa?

Si tratta dell’ennesimo ritardo in un processo di normalizzazione lento e faticoso. Riteniamo comunque che i tassi Usa continueranno a salire: se non a luglio, comunque in autunno. Il mercato lo sa e la lentezza di questa manovra non provocherà nessuno scompiglio sui mercati, anzi: confermerebbe che gli Stati Uniti sono pronti a guidare l’economia globale fuori dalla crisi economica.

Su quali segmenti del comparto bond conviene investire oggi?

Dobbiamo tristemente rilevare che l’obbligazionario, come asset class, offre veramente poco. Il 40% dei titoli di stato dell’Eurozona ha rendimenti negativi, ovvero garantisce all’investitore una perdita (prima ancora di calcolare tasse e commissioni!). Ci sono però dei settori e delle piccole “perle” da cui è ancora possibile estrarre valore: ci concentriamo sul settore high yield o sulle emissioni finanziarie subordinate, aree in cui si riescono a ottenere rendimenti tra il 3,5 e l’8% pur rimanendo su emittenti affidabili con un rischio di credito molto contenuto. Dopo la stabilizzazione del prezzo delle materie prime, non disdegniamo nemmeno qualche incursione sui mercati emergenti, dove la volatilità resta alta ma le opportunità abbondano. Il nostro metodo di lavoro è basato sull’analisi societaria bottom-up, condotta dai nostri analisti e gestori: compriamo i titoli perché ci piacciono, non perché stanno in un benchmark.

È un lavoro lungo, che richiede una piena comprensione del modello di business e un’attenta analisi delle credenziali del management. La nostra preferenza va di solito alle aziende con business stabili e flussi di cassa prevedibili.

E che cosa ne pensa del comparto bancario italiano e di quello europeo?

Si tratta di un settore sotto pressione per tre diversi motivi: stagnazione economica, tassi negativi (che costituiscono una tassa occulta sulle banche), stretta regolamentare. Pur sperando in un qualche miglioramento, i tre fattori continueranno a pesare sulle banche, richiedendo misure estreme: si deve migliorare in termini di efficienza (tagliando, ahimé, posti di lavoro) e, nei casi più difficili, in termini di rafforzamento del capitale. Lo stiamo vedendo in Italia, dove entrambi i temi sono di terribile attualità, ma lo vediamo anche all’estero (si pensi al recente aumento di capitale di Popular in Spagna, oltre alla speculazione sul rafforzamento di capitale di Deutsche Bank).

Ma ci sono opportunità?

Se dal punto di vista degli azionisti questo scenario continua a presentare molte incognite (riflesse nella pesante sottoperformance dell’indice banche), dal punto di vista del credito continuano a esserci delle opportunità molto interessanti: la stretta regolamentare sta rendendo le banche sempre più sicure (anche se non molto redditizie) riducendo la loro propensione al rischio e il loro livello di leva. Crediamo che la Bce non ripeterà gli esperimenti di bail-in effettuati in Italia e in Portogallo. Ci piacciono di conseguenza le obbligazioni bancarie, specialmente se subordinate: sui cosiddetti CoCo bond (la cui vendita ai privati è vietata) si trovano rendimenti medi dell’ 8% pur rimanendo su emittenti primari. Si tratta di un premio di oltre 2 punti rispetto al dividend yield azionario delle medesime banche.

Come valuta il fondo Atlante?

Atlante è un esperimento importantissimo che dimostra la forza del sistema bancario italiano: i sette anni di crescita zero (tra il 2008 e il 2014) hanno lasciato un segno pesante sulle nostre banche, con una moltiplicazione dei crediti deteriorati. Le difficoltà si sono purtroppo materializzate nel momento peggiore, proprio quando la nuova normativa europea (BRRD) ha impedito gli aiuti di stato. Una vera beffa: la Spagna nel 2012 ha goduto di aiuti europei per 100 miliardi (pari al 10% del PIL) per risanare il proprio sistema bancario. Con le regole correnti, invece, l’Italia non ha potuto investire praticamente nulla: vietati gli aiuti del Fondo Interbancario (che avrebbe potuto gestire diversamente la crisi di Banca Marche/Etruria/Carife), limitato a soli 500 milioni il supporto di Cdp. Ecco però che il mondo del credito, guidato dalle principali banche e dalle Fondazioni, ha saputo reagire, facendo quadrato a supporto delle istituzioni più piccole e fragili: un programma di aiuti auto-finanziato dal sistema stesso, evento unico al mondo.

Cosa pensa dell’acquisto di bond corporate da parte delle Bce? Cosa implica, quale sarà l’impatto sul mercato in generale e sull’Italia in particolare?

L’acquisto dei corporate bond è l’ennesimo tabù infranto dalla Bce guidata da Draghi: una banca centrale pronta a tutto pur di tirare l’economia fuori dalle sabbie mobili della deflazione. È un’ottima notizia per l’economia, anche per quella italiana, ma è ormai stato stato ampiamente anticipato dal mercato, col rendimento medio dei corporate europei piombato sotto l’1%.

© Riproduzione riservata