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Il «gioco» dei prestiti contro azioni

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Il «gioco» dei prestiti contro azioni

In gergo si chiamano “prestiti baciati”, ma si sono rivelati il bacio della morte per un migliaio di clienti-soci della Popolare di Vicenza. Quelle azioni della banca piazzate, tra il 2013 e 2014 a 62,5 euro, ai clienti che chiedevano un finanziamento ora valgono meno di niente. Bruciate nel falò da oltre 6 miliardi di capitale azionario svanito dopo le reiterate svalutazioni. Ma perché baciate? Semplice al cliente che chiedeva un prestito veniva concesso un ammontare più elevato o magariun tasso più favorevole a patto che sottoscrivesse azioni della banca. Nella trappola sono finiti oltre un migliaio di soci per un importo di capitale finanziato, come ha riportato la Bce dopo la lunga ispezione, per la cifra record di quasi un miliardo di controvalore delle azioni. Ora quel miliardo non c’è più. Non solo nelle tasche dei soci convinti a comprarsi le azioni con il mutuo annesso, ma anche nelle tasche della banca. Già perchè quel capitale finanziato raccolto in quel modo non può entrare nel conteggio del patrimonio di Vigilanza della banca. Tanto che è stato dedotto e ha aperto la strada al baratro del deficit che ha portato Vicenza all’ennesimo aumento di capitale e a finire nelle mani di Atlante.

Quasi un gioco di prestigio da funamboli dell’ingegneria finanziaria che non poteva durare a lungo. Io banca di Vicenza, in una fase di credit crunch generalizzato, apro i rubinetti del credito. A patto che tu socio-cliente da anni aiuti a patrimonializzare nel contempo l’istituto. Il socio era rassicurato da quelle azioni non quotate che la banca si impegnava anche a ricomprare e la Vicenza si capitalizzava in via indiretta, in un momento di difficoltà a fare aumenti di capitale per l’intero sistema bancario. Peccato che quel valore dell’azione,crescente nel tempo, era stabilito a tavolino dai vertici della banca stessa che avevano tutto l’interesse a tenerlo più alto possibile. Bastava però guardare ai multipli per capire che la Vicenza a 62,5 euro veniva valorizzata il doppio di qualsiasi banca quotata italiana. Come se a Vicenza la crisi non fosse mai arrivata. L’ammontare dei crediti malati che sono arrivati a valere oltre il 25% del portafoglio dicevano che la crisi c’era. Eccome. Ma i clienti non erano analisti finanziari e la fiducia nella banca di casa ha fatto il resto. Nello scambio azioni-prestiti alla fine hanno perso tutti. In primis i soci imbottiti di azioni non quotate e non liquide che sono state azzerate , dopo la drastica pulizia di bilancio imposta dalla Bce. Ma anche l’istituto ha subìto il contraccolpo: intanto quel capitale raccolto in modo “spintaneo” non è servito alla fine a patrimonializzare per davvero l’istituto. Non solo, ma chi si è visto azzerare l’investimento nei titoli azionari di casa, ha probabilmente smesso di pagare le rate di mutuo e gli interessi sul prestito. Non c’è un nesso casuale, forse un domani gli investigatori lo scopriranno incrociando le posizioni della montagna di sofferenze con i finanziamenti “baciati”. C’è solo il dato aggregato che dice che pur con le svalutazioni miliardarie già effettuate negli ultimi 2 esercizi, la Vicenza a fine 2015 conteggiava crediti malati netti per oltre 5 miliardi. Una cifra che vale il 21% dell’intero portafoglio prestiti. E la gravissima crisi di fiducia innescata dal quasi crac della banca ha visto la fuga dei clienti: oltre 3 miliardi sono usciti dalla banca tra conti correnti e depositi vincolati solo nel 2015. Il disastro è tutto in queste cifre. Dolenti.

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