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Il potassio sfugge al recupero delle materie prime: prezzo ai minimi da 10 anni

(Olycom)
(Olycom)

Prezzo ai minimi da un decennio e in ribasso di un terzo rispetto al 2015. Il recupero delle materie prime - solo parzialmente disturbato dalla Brexit - non ha coinvolto il potassio. Il fertilizzante, tra i più diffusi al mondo, era arrivato a costare più di 1.000 dollari per tonnellata nel 2008, scatenando una corsa allo sviluppo di nuove miniere e scalate miliardarie, come quella (fallita) di Bhp Billiton alla canadese Potash Corp of Saskatchewan. Ora l’India è riuscita ad aggiudicarsi una fornitura di 700mila tonnellate a 227 $/tonn, trasporto compreso.

Si tratta del primo contratto della stagione,finalmente sottoscritto questa settimana da Indian Potash Limited (Ipl) con Belaruskali. Il prezzo potrebbe quindi costituire un benchmark per tutti i successivi accordi in Asia e influenzare anche il mercato spot. Così almeno vorrebbe la tradizione. Ma le discontinuità rispetto al passato sono tante e alcuni analisti hanno già sollevato il dubbio che il sistema dei contratti benchmark annuali - già abbandonato per minerale di ferro e carbone - sia avviato al tramonto anche nel mondo dei fertilizzanti.

Già il fatto che ad arrivare per primi non siano stati i cinesi ma gli indiani è insolito: era accaduto solo un’altra volta, nel 2009. Inoltre lo sconto concesso da Belaruskali è molto forte (l’anno scorso Ipl pagava 332 $/tonn) e i concorrenti potrebbero rifiutarsi di seguire l’esempio. La russa Uralkali - leader mondiale del potassio, che fino al “divorzio” del 2013 vendeva insieme a Belaruskali - sta già puntando i piedi: «Consideriamo questo prezzo troppo basso - ha dichiarato alla Tass un rappresentante della società - A questo prezzo non siamo pronti a firmare».

Gli indiani d’altra parte fanno i duri. «Non possiamo concedere un prezzo più alto (di 227 $) a nessun fornitore - dice P.S.Gahlaut, managing director di Ipl - Se insistono, possiamo sempre rinviare gli acquisti». New Delhi se l’è già presa comoda rispetto al passato, quando apriva le trattative coi fornitori a gennaio-febbraio per concluderle entro il 1° aprile, avvio dell’anno fiscale. Quest’anno - anche per via del monsone debole, che la scorsa stagione ha ridotto l’impiego di fertilizzanti - l’India ha scorte abbondanti. Inoltre, c’è ampia disponibilità di carichi spot a basso prezzo.

Nelle stesse condizioni è la Cina, cliente ancora più rilevante dell’India per i fornitori di potassio, anche se Citigroup fa notare che la sua dipendenza dall’estero è diminuita molto: «Tra la produzione domestica e quella da miniere controllate la Cina quest’anno riuscirà a soddisfare il 63% del suo fabbisogno». Non a caso anche Pechino sta rinviando da mesi la firma dei contratti di fornitura e forse potrebbe addirittura rinunciarci: secondo il Cru Group i suoi negoziatori fino a poco tempo fa insistevano per ottenere un prezzo inferiore a 200 $/tonn.

Il mercato d’altra parte è molto debole, gravato da un surplus che promette di espandersi. L’Inrernational Fertilizer Industry Association (Ifa) prevede che tra il 2015 e il 2020, con l’avvio di 6 nuove miniere  e l’espansione di molte altre, l’offerta di potassio crescerà del 22% a 64,5 milioni di tonnellate, mentre la domanda (per tutti gli impieghi, non solo per fertilizzanti) aumenterà solo dell’11% a 43 milioni di tonnellate.

Belaruskali riconosce le difficoltà . «Il prezzo è equo, riflette l’attuale situazione sul mercato globale», ha detto la ceo Elena Kudryavets commentando il contratto con Ipl, che ha provocato un crollo delle quotazioni di borsa di tutti i big del potassio, compresi i nordamericani Potash Corp, Mosaic e Agrium, che tuttora commercializzano insieme i prodotti attraverso Canpotex.

Lo scioglimento del blocco concorrente - la joint venture tra Belaruskali e Uralkali, la Belarusian Potash Company (Bpc), che fino al 2013 controllava il 40% del mercato mondiale - ha aggravato le difficoltà per i fornitori, accentuando la concorrenza. Tra russi e bielorussi ora c’è forse la tentazione di rimettere insieme i cocci, ma non sarà facile. «Ogni mese nuovi azionisti di Uralkali vengono a dirmi “Accettateci” - ha raccontato il presidente bielorusso Alexander Lukashenko - Noi non siamo contrari. Uniamoci, alle nostre condizioni. Mettiamoci d’accordo su quanto produrre».

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