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Ombre sulla ripresa del petrolio: il motore della domanda perde colpi

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Ombre sulla ripresa del petrolio: il motore della domanda perde colpi

Il motore della domanda, fondamentale per trainare il recupero dei prezzi del petrolio, ha iniziato a perdere colpi. La crescita dei consumi è ancora forte dal punto di vista storico, ma si sta indebolendo in fretta e secondo alcuni analisti potrebbe attenuarsi ulteriormente per effetto della Brexit. I primi segnali di frenata sono già evidenti negli Stati Uniti e in Cina, due Paesi cruciali in quanto assorbono insieme quasi un terzo dei barili estratti nel mondo.

Sono state in particolare le ultime statistiche da Washington a sollevare allarme, mostrando che ad aprile i consumi di benzina non stavano affatto correndo a ritmi da primato, come invece si credeva: dai dati mensili, appena diffusi dall’Energy Information Administration (Eia), è emerso che il consumo del carburante è stato di  9,21 milioni di barili al giorno, invece di 9,49 mbg come indicato dalle stime settimanali.

Per la prima volta dal 2011 (quando i prezzi alla pompa erano il doppio di oggi negli Usa) gli automobilisti americani ad aprile hanno consumato meno benzina che a marzo. E su base annua l’incremento è stato dello 0,8%, contro il +3,8% del mese precedente.

Quanto alla domanda petrolifera totale, comprensiva del greggio e di tutti i prodotti raffinati, ci sarebbe stato un aumento di appena 230mila bg (a 19,3 mbg) invece di quasi un milione di bg come sembrava dai dati settimanali.

Le statistiche di aprile dell’Eia gettano un’ombra anche sui dati più recenti: nella settimana al 17 giugno il consumo di benzina negli Usa avrebbe raggiunto (a questo punto in teoria) il record storico di 9,8 mbg, superando il precedente picco del 2007. Il tutto proprio mentre anche le scorte raggiungevano livelli da primato.

Gli scostamenti statistici, suggerisce Andy Lipow, presidente di Lipow Oil Associates, sembrano legati a una correzione delle cifre sull’export, che in precedenza era stato sottostimato.

La cautela sull’ultimo Petroleum Supply Monthly è comunque d’obbligo, perché l’Eia stessa avverte che stavolta - non è chiaro per quale motivo - il rapporto mensile è incompleto: per molti prodotti mancano le variazioni di scorte e forniture. «Stiamo lavorando per risolvere il problema - assicura l’organo statistico del dipartimento dell’Energia - I dati mancanti verranno inseriti il prima possibile».

Dagli Usa è intanto arrivata anche la conferma che la produzione di greggio sta calando: la discesa è anzi accelerata fortemente, con 8,93 mbg estratti in aprile, 220mila bg in meno rispetto a marzo - il declino più pronunciato da settembre 2008 - legato non più solo allo shale oil, ma anche a Golfo del Messico e Alaska.

Il calo dell’offerta, che interessa anche molte altre aree geografiche, sta già contribuendo a riequilibrare il mercato del petrolio dopo due anni di surplus. Il fenomeno non sta però coinvolgendo l’Opec, la cui produzione è anzi salita a livelli record in giugno (si veda il Sole Ore di ieri). La salute della domanda sarà dunque a maggior ragione cruciale per cancellare l’eccedenza e ridurre le enormi scorte.

Il segretario all’Energia statunitense, Ernest Moniz, sta già diventando più prudente sulle previsioni: il surplus, ha detto ieri, «potrebbe anche permanere fino al prossimo anno». «In assenza di grandi sorprese siamo ancora in una situazione in cui c’è più produzione che domanda». Non solo. «Il mercato sembra essere strutturalmente ben rifornito e per un paio d’anni non c’è ragione di pensare che ci saranno grandi cambiamenti».

La Brexit potrebbe complicare ulteriormente le cose: l’esito del referendum britannico secondo Barclays «ha messo un altro chiodo nella bara della domanda petrolifera mondiale per il 2016» poiché è probabile che provocherà un rallentamento della crescita economica globale. «Il voto - aggiunge la banca - è arrivato nel cuore della driving season estiva, in un momento in cui i prezzi del petrolio avrebbero dovuto trarre supporto dalla domanda».

I consumi peraltro sembrano entrati in crisi anche in Cina: in maggio la domanda apparente è scesa a 10,88 mbg calcola S&P Global Platts, in calo del 4,2% da aprile e del 2,7% da maggio 2015. Il rallentamento dell’attività industriale ha ridotto i consumi di gasolio addirittura ai minimi da 6 anni, mentre quelli di benzina hanno accusato la prima flessione su base annua da gennaio 2014.

Pechino, aggiunge JP Morgan, starebbe anche avviando a concludere l’accumulo di riserve strategiche, che aveva spinto le sue importazioni di greggio a livelli record (fino a un picco di 8 mbg in febbraio. ). La banca prevede che il limite di capacità dei serbatoi di stoccaggio sarà raggiunto a fine agosto e che da settembre l’import si affloscerà. «Non pensiamo che l’aumento del 16% dell’import registrato finora sia sostenibile, nonostante il declino della produzione locale, perché la domanda è debole se la capacità degli stocaggi si esaurisce».

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