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La Borsa chiede una risposta immediata

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L'Analisi|In primo piano

La Borsa chiede una risposta immediata

Settimana scorsa, dopo lo shock di Brexit, la Banca centrale europea non è intervenuta a salvataggio dei titoli di Stato del Sud. Secondo i dati che la stessa Bce ha diramato ieri, gli acquisti di titoli di Stato nell’ambito del «quantitative easing» nella settimana tra mercoledì 22 e mercoledì 29 sono anzi stati molto più contenuti del solito. Draghi ha comprato solo 9,7 miliardi di titoli pubblici europei, meno della metà della media settimanale degli ultimi due mesi. Nel 2016, solo due volte la Bce aveva fatto di meno. Insomma: l’incendio sul mercato dei titoli di Stato, appiccato dal referendum di Brexit, si è spento senza che i pompieri della Bce intervenissero davvero o facessero finta di intervenire nella cornice del «Qe». Lo spread tra i BTp e i Bund è autonomamente tornato poco sopra i livelli pre-Brexit.

Questi dati confermano che i mercati finanziari sono riusciti ad arginare lo shock da soli. Forse perché ancora nessuno sa come (e se) sarà realizzata l’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea. O più probabilmente perché tutti si aspettano che le banche centrali presto o tardi allentino ulteriormente la politica monetaria. Sta di fatto che lo shock finanziario è stato tutto sommato contenuto. Solo un settore resta ancora oggi sulla graticola: quello bancario. Dal referendum inglese le banche italiane perdono infatti in Borsa il 27%, quelle tedesche il 17%, quelle spagnole il 18%, quelle francesi il 14%.

Questi numeri devono far riflettere. E devono suggerire una domanda: perché la bufera finanziaria post-Brexit si è riassorbita praticamente in tutti i settori, tranne che su quello bancario? La risposta è ovvia: perché il sistema bancario ha oggi (dopo Brexit) e aveva ieri (prima di Brexit) una serie di problemi strutturali molto vistosi. Uno: bassa redditività, a causa dei tassi zero. Due: elevati costi, a causa dell’eccesso di sportelli soprattutto in Italia e in Germania. Tre: eccessivi crediti deteriorati in Italia, eccessivi derivati in Germania. Quattro: scarsità di capitale per far fronte a problematiche così evidenti. Cinque: un modello di business non più adeguato ai tempi. Brexit è solo un pretesto per la speculazione, i problemi sono ben altri.

Ecco perché è quanto mai necessario un intervento pubblico, coordinato a livello europeo. Soprattutto in Italia, Germania e Portogallo, su cui si concentrano le maggiori preoccupazioni. La normativa del «bail-in», che vieta aiuti statali senza aver prima bruciato i risparmi di azionisti e obbligazionisti, non è stata certo scritta per creare una crisi sistemica e per alimentare la sfiducia e la speculazione. La stessa normativa prevede delle eccezioni, entro le quali gli Stati possono intervenire a sostegno delle banche: che sia la ricapitalizzazione precauzionale allo studio per Mps (si veda articolo a fianco) o qualche altra scappatoia, qualcosa va fatto. In fretta. Banche sane in economia sana: sarebbe un delitto se l’Europa, in nome di una lettura dogmatica e irrazionale di una normativa che prevede deroghe, si dimenticasse di questo principio.

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