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Nodo Npl, Governo e Cdp stringono su Atlante 2

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Nodo Npl, Governo e Cdp stringono su Atlante 2

Nuovi capitali per il fondo Atlante, dedicati al solo acquisto di Npl dai portafogli delle banche più fragili (a cominciare da quelli di Mps), con l’apporto finanziario di Cdp, della società pubblica Sga e delle casse previdenziali. E magari con un ulteriore sostegno delle compagnie assicurative. È questo il piano al quale starebbe lavorando il governo italiano e che sarebbe stato in parte discusso nel corso di un incontro operativo e peraltro già in calendario, tenuto ieri a Roma tra alcuni rappresentanti di Cassa Depositi e Prestiti, del fondo Atlante e del ministero dell’Economia.

Le ipotesi allo studio, in questa fase, sarebbero diverse. Una prima opzione prevederebbe lo scorporo di Atlante 1 in due fondi. Il primo fondo deterrebbe le partecipazioni bancarie (Veneto Banca e Popolare di Vicenza) mentre il secondo verrebbe ricapitalizzato e sarebbe finalizzato all’acquisto dei soli non performing loan.

C’è poi la seconda opzione con la creazione ex-novo di un fondo Atlante 2, dedicato alle sole sofferenze e con un obiettivo di raccolta compreso tra i 3 e i 5 miliardi di euro.

In entrambi i casi dovrebbero scendere in campo nuovi sottoscrittori. E tra questi figurerebbe la Cdp (secondo indiscrezioni per la cassa si parla di un impegno tra 500 milioni e un miliardo) e alcuni altri investitori come la società pubblica Sga, utilizzata per il salvataggio del Banco di Napoli. Secondo gli ultimi bilanci Sga aveva 484 milioni tra cassa e disponibilità liquide, più altri 238 milioni alla voce crediti.

Potrebbero poi far parte del progetto anche le casse previdenziali come Enpam, Enasarco e Cassa Forense. Ma prima del via libera a un loro ingresso, i board degli enti stanno aspettando un intervento tecnico del governo, che già ad aprile (quando si era discusso con il governo dell’Economia di Atlante 1) era stato una pregiudiziale alla partecipazione delle casse. È infatti necessario un chiarimento a livello normativo, in quanto le casse previdenziali sono caratterizzate da anni, da quando l’Italia è entrata nell’Unione europea, da una doppia veste giuridica: sono infatti enti privati per via del decreto legislativo 509 del 1994. Ma, a livello europeo, sono considerati enti pubblici, poiché sono comprese nell’elenco Istat delle pubbliche amministrazioni.

L’inclusione nell’elenco risale al 2000, quando l’Italia era in procinto di entrare nell’euro ed era necessario trasferire alla Ue i dati sui patrimoni nazionali pubblici. Alle casse di previdenza, a quel tempo, venne infatti data una veste pubblica. Il nodo è complesso in quanto una loro partecipazione in Atlante 1, ad aprile è stata scartata poiché un loro intervento poteva essere interpretato come un aiuto di Stato.

E anche con Atlante 2 il problema potrebbe essere il medesimo: un ostacolo che il Governo dovrebbe risolvere chiarendo quale sia la vera natura (privata o pubblica) delle casse con un pronunciamento ad hoc. Solo a quel punto potrebbe iniziare il processo di ingresso delle casse previdenziali che nel loro statuto considerano l’investimento in non performing loan possibile per diversificare il patrimonio in gestione.

Un apporto importante, quello delle casse previdenziali, in quanto in questa seconda tornata sembra difficile che possano partecipare le banche e le Fondazioni, che hanno già partecipato ad Atlante 1. E anche una partecipazione dei grandi fondi di private equity italiani (come Clessidra ed Investindustrial) è assai improbabile, in quanto per statuto non possono investire in questo genere di asset class.

Discorso differente per le compagnie assicurative, tra le quali, in ogni caso prevale la cautela. In Atlante 1 i principali gruppi del paese hanno investito complessivamente poco meno di 700 milioni di euro. Un impegno che, secondo alcuni, potrebbe essere ora parzialmente rinnovato con la sottoscrizione di piccole quote in Atlante 2. Non tutte le società, però, sembrano essere realmente pronte a iniettare capitali freschi nella nuova iniziativa. Alcune si limitano a far notare che di fatto non è mai stato formalmente chiesto loro un nuovo sostegno e che di conseguenza non è stata avviata alcuna particolare riflessione sul tema. Tra queste figurano Reale Mutua e Cattolica. Le quali, tuttavia, se sollecitate, potrebbero considerare l’opzione. Più convinti della necessità di dar vita a un’iniziativa specifica sugli npl, sembrano essere invece i vertici di Banca Mediolanum che a suo tempo aveva investito 50 milioni in Atlante 1. Il presidente, Ennio Doris, contattato da Il Sole 24 Ore, ha assicurato che Banca Mediolanum valuterà ogni eventuale richiesta: «Come ha detto giustamente Mario Draghi con Atlante è stato fatto un piccolo passo nella giusta direzione, ora però bisogna farne altri, è fondamentale stabilizzare il sistema bancario italiano».

Un obiettivo che Generali stessa aveva sposato qualche mese fa mettendo sul piatto 150 milioni di euro per supportare di fatto gli aumenti capitale di Veneto Banca e di Popolare Vicenza. In quell’occasione, peraltro, la compagnia si era anche detta disponibile a fare uno sforzo aggiuntivo a fronte di precisi interventi sul fronte della governance del fondo. Ora, tuttavia, il Leone di Trieste contattato oppone un «no comment» rispetto a un possibile coinvolgimento della società in Atlante 2. D’altra parte, allo stato attuale, come già sottolineato da altri operatori, non sono stati sottoposti all’attenzione delle aziende progetti specifici sui quali avviare una seria valutazione. Dello stesso avviso, al momento, sembra essere anche Unipol che nella prima tornata aveva impegnato 100 milioni. In Atlante 1 aveva investito anche Allianz e soprattutto Poste Vita che aveva veicolato sul progetto ben 240 milioni di euro. Da capire, anche nel loro caso, se sarebbero disposti a impegnarsi ulteriormente.

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