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A Londra torna adesso l’incubo Northern Rock

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L'Analisi|l’analisi

A Londra torna adesso l’incubo Northern Rock

Sono icone del lusso con nomi che evocano quello che rappresentano dal Gherkin di Norman Foster, al Cheese- grater, al Walkie Talkie, fino allo Shard di Renzo Piano. I grattacieli della City da ieri sono accomodati sulle fondamenta terremotate di un real estate commerciale in precipitoso cedimento, piagato da crepe profonde. Chi attendeva la conferma che la crisi innescata da Brexit fosse in uscita dai circoli della politica e in marcia verso il cuore dell'economia britannica è servito. Lo abbiamo letto nei comunicati di Standard Life, Aviva, M&G. Rimborsi sospesi fino a data da destinarsi, casse chiuse, piogge di “pagherò” in attesa di vendere gli asset sottostanti. A che prezzi ? A chi ?

Gli interrogativi preoccupano anche la Banca d’Inghilterra perchè l’eco che evocano porta i nomi di Northern Rock e Lehman. È bene ricordarlo in queste ore afflitti come siamo dall’attenzione asfissiante del mondo –anglosassone e non – che non cessa di ricordarci le fragilità del sistema bancario italiano ed europeo – da Monte dei Paschi di Siena a Deutsche Bank – mentre fuori grandina. Distrazione di massa e speculazione spesso vanno a braccetto con un danno esponenziale, ma se le incoerenze della nostra casa europea devono trovare sbocco nel quadro di un’Unione europea maggiormente compiuta, quelle svelate da referendum di Londra devono trovare risposte nazionali immediate.

E invece, due settimane dopo il referendum, la politica è ancora impegnata nei suoi riti certosini, delegando l’azione solo alla Banca d’Inghilterra. Il governatore Mark Carney è stato esplicito, ieri, nel denunciare la “cristallizzazione dei rischi” ovvero il passaggio dalle conseguenze potenziali a quelle reali dell’incertezza creata da Brexit. Quanto accade in queste ore ai fondi britannici è esattamente questo: il primo scossone alla costruzione economica britannica, in linea con un deja vu, visto poco tempo fa. Troppo poco tempo fa.

Tre fondi immobiliari commerciali che sospendono i rimborsi è già effetto domino. Un effetto prevedibile, anzi atteso. Nel primo trimestre del 2016 gli investimenti esteri nel real estate in Gran Bretagna hanno subito un rallentamento del 50% nel timore di un Brexit allora considerato improbabile. I dati del terzo trimestre non potranno che essere drammaticamente peggiori.Pessime notizie per un Paese che si regge, per rispolverare il mantra di Mark Carney, sulla «gentilezza degli stranieri», ovvero sui foreign direct investment. E se si guarda nel real estate si colgono tutti gli elementi per l’allarme: dal 2009 il 45% delle transazioni commerciali ha visti coinvolti gruppi stranieri.

La Banca d’Inghilterra non ha mai parlato di crash. Per cautela forse, per pudore, certamente. La realtà è che l’economia britannica si regge sulla scala dell’immobiliare, appoggiata com’è su un indebitamento delle famiglie che è un multiplo di quello italiano e resta la fragilità sistemica del Paese. Per questo i crack del real estate britannico fanno paura. Distrazioni a parte, Monte dei Paschi e Deutsche Bank incluse.

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