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Torna la pressione sui subordinati Mps

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Torna la pressione sui subordinati Mps

C’è chi parla del rischio di un eventuale coinvolgimento dei bond subordinati di Mps in un salvataggio “alla portoghese”, ovvero nella conversione dei subordinati in azioni con rimborso solo per i piccoli risparmiatori e non per gli investitori istituzionali. L’opzione è assai improbabile visti i risultati negativi ottenuti dal Governo di Lisbona nel precedente del Novo Banco. Ma è sufficiente averla ipotizzata per far tornare a scattare immediatamente la pressione sulle obbligazioni della banca senese. Pressione che già si era comunque manifestata anche nelle scorse sedute, come testimoniano i dati di fonti quali Reuters e Skipper Informatica.

Alla chiusura del 4 luglio, secondo il database Skipper, su un paniere di un centinaio di emissioni subordinate bancarie nazionali Mps vedeva svettare tre dei suoi titoli (tutti per investitori istituzionali, taglio minimo 50mila euro) nella classifica per rendimento netto. Secondo i prezzi registrati sul mercato EuroTlx, i primi tre “sub” per rendimento effettivo netto a scadenza erano infatti l’Mps 30 settembre 2016 5,75% (Isin XS0255817685, rendimento effettivo netto a scadenza del 28,04%), l’Mps 15 gennaio 2018 tasso variabile call (Isin XS0238916620, rendimento 13,69%) e l’Mps 30 novembre 2017 tasso variabile (Isin XS0236480322, 12,66%). Mentre nel primo caso a far decollare il rendimento, con un prezzo a 94,54, aveva contribuito la svalutazione della sterlina — valuta nella quale il bond denominato —, per gli altri due invece la chiave era stata proprio il calo dei prezzi, rispettivamente a 82,93 e 85,29.

Dopo aver rimborsato il 31 maggio scorso un bond a tasso fisso 4,875% da 750 milioni di euro, Rocca Salimbeni attualmente ha in circolazione altri otto bond subordinati, tutti Tier II (uno “upper” e sei “lower”, oltre a un private placement emesso ai tempi dall’AntonVeneta a favore di Abn Amro). Oltre al bond da 200 milioni di sterline, gli altri sette titoli, tutti in euro, “valgono” complessivamente 4,9 miliardi, con un apporto ai fondi propri che, secondo il bilancio consolidato al 31 dicembre scorso, era pari a 2,17 miliardi circa. Di questi titoli, sette sono per istituzionali ma uno, il decennale Mps 15 maggio 2018 upper Tier II — più rischioso dei subordinati lower Tier II che Mps ha venduto agli investitori istituzionali —, codice Isin IT0004352586, a tasso variabile (cedola Euribor a sei mesi + 2,5%) ha un taglio minimo da mille euro. All’emissione il titolo — che da solo “vale” oltre 2 miliardi e 160 milioni e fu collocato in conflitto di interesse — era privo di rating e la banca non lo ha mai quotato, tanto che risulta scambiato solo su un internalizzatore sistematico di Mps Capital Services. Il 4 luglio secondo Mps Capital Services il titolo ha chiuso a 79,5, con un prezzo minimo di 71,5 (ultimo contratto) e un massimo di 80,5. Questo jumbo venne venduto per sostenere l’acquisizione di AntonVeneta. Se il capitale e le riserve di Mps scendessero sotto i 6,3 miliardi, la banca potrebbe ridurre il rimborso di cedole e capitale. L’obbligazione fu collocata a decine di migliaia di risparmiatori, in un contesto, quello del 2008, in cui il pubblico era ancora in gran parte inconsapevole dei rischi di un bond subordinato.

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