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Il ceo di Jp Morgan: «Sì allo Stato nelle banche in circostanze…

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INTERVISTA a jamie dimon

Il ceo di Jp Morgan: «Sì allo Stato nelle banche in circostanze speciali»

Jamie Dimon
Jamie Dimon

Le banche? È giusto che il governo italiano «metta in campo tutti gli strumenti di protezione» perché «non esiste un'economia solida senza un sistema bancario solido». Gli aiuti di Stato? Le normative europee non consentono l'intervento pubblico nel capitale delle banche senza burden sharing «ma un accordo per mitigare queste regole in circostanze speciali, nell'incertezza di questi giorni, può meritare». Le regole sulle banche? «Vanno ridotte», devono poter fare il loro mestiere, il credito alle imprese. Brexit? «Non penso che porterà a una recessione globale» ma i politici europei devono agire in fretta e fermare l'incertezza, meglio se con un'Europa più unita, «altrimenti la correzione dei mercati che c'è stata finora sarà molto peggio».

L’intervista integrale in inglese

Jamie Dimon, chairman del board e ceo di JP Morgan, è convinto che non vi siano problemi senza soluzioni e ha pronta una risposta diretta e schietta a ogni domanda. Ne ha viste di crisi nei suoi dieci anni alla guida di JP Morgan, tra le più grandi e potenti banche d'investimento (235mila dipendenti, quasi 100 miliardi di dollari in ricavi). Dimon era ieri a Roma per festeggiare i cento anni di attività della banca in Italia: Paese che era nel cuore del fondatore, John Pierpont, ed è in quello di Dimon. «I love Italy» esclama quando gli viene detto che Milano ambisce a diventare come la City. Ma i tempi sono duri, per Brexit e non solo. Dimon racchiude la via di uscita in una sola parola: crescita. «La cosa più importante adesso è la crescita, i politici devono fare tutto per la crescita».

Le banche europee sono nuovamente sotto attacco. Meno di quelle americane. E alcune banche italiane sono prese di mira in Borsa: il Governo Renzi sta negoziando con Bruxelles per trovare una soluzione. Cosa fare? Due i problemi: la ricapitalizzazione e i non-performing loans...
Il settore bancario statunitense si è completamente ripreso: è solido e funziona bene. Sono d'accordo, il settore bancario europeo è più debole perché l'economia europea è più debole. L'economia cresce e si contrae, va su e giù e il settore bancario si comporta alla stesso modo e rifletterà sempre l'economia reale. Ma vengono continuamente introdotte nuove normative quando invece bisognerebbe aiutare il sistema bancario.Non esiste un'economia solida senza un sistema bancario solido. È nell'interesse di tutti avere un sistema bancario che svolge il proprio ruolo, fa credito alle imprese. Il presidente della Bce Mario Draghi sta facendo un ottimo lavoro, capisce perfettamente il sistema bancario. Penso però che arrivati ad un certo punto i regolatori debbano ridurre la quantità di regole per consentire alle banche di fare il proprio mestiere: finanziare l'economia. La cosa più importante ora è la crescita e non l'introduzione di centinaia di nuove regole.
In quanto all'Italia, considerati i giorni di grande incertezza che viviamo, penso che il vostro governo stia facendo la cosa giusta a mettere in campo tutti gli strumenti di protezione che ha a disposizione, per ridurre i rischi che potrebbero concretizzarsi. Ad oggi le normative europee non consentono l'intervento pubblico nel capitale delle banche senza burden sharing. Ritengo che un accordo per mitigare queste regole in circostanze specifiche, che non hanno precedenti, possa avere un valore. È importante che ci sia una chiara comunicazione di un accordo, quando questo sarà raggiunto, per evitare speculazioni e ridurre l'incertezza nel mercato. Ci aspettiamo che i mercati reagiranno positivamente a operazioni capaci di fornire soluzioni definitive al problema che hanno alcune banche sulla vendita dei non-performing loans (Npl).

JP Morgan è sempre stata storicamente molto vicina all'Italia, nei tempi buoni e in quelli cattivi. Continuerà ad esserlo anche ora, nella nuova turbolenza scatenata da Brexit?
Sono 100 anni. John Pierpont Morgan, fondatore di J.P. Morgan, amava l'Italia e trascorse gli ultimi giorni della sua vita qui. Io stesso amo questo Paese. Siamo attivi in Italia da 100 anni e sempre presenti, dai tempi della Grande Crisi. Il fatto di aver raggiunto questo traguardo dei 100 anni ci rende orgogliosi. Abbiamo aumentato la nostra esposizione creditizia nei confronti del Paese e delle controparti italiane proprio nei momenti più difficili per fare la nostra parte, sostenere l'economia (l'esposizione verso l'Italia è di 8,4 miliardi di dollari al 30 marzo 2016 con un aumento del 50 % negli ultimi 5 anni, ndr).
L'Italia sta crescendo lentamente ma ha aziende di prim'ordine. JP Morgan ha fatto molto per sostenere lo sviluppo delle aziende italiane. Circa un terzo del nostro business è costitutito da transazioni domestiche ma portiamo anche le aziende italiane nel mondo, in Cina, Africa e in America e portiamo aziende e investitori di tutto il mondo qui in Italia, la transazione Pirelli-Chem Cina ne è un esempio recente. E continueremo a farlo, che l'Italia cresca più o meno velocemente. Ma i politici, i governi, devono focalizzarsi su buone politiche per rafforzare la crescita.

Cosa pensa del Governo Renzi?
Penso che Renzi abbia introdotto molti cambiamenti positivi per migliorare l'Italia. Brexit è un esempio di retorica senza basi politiche. Non funziona. Serve collaborazione, basata sui fatti e analisi non su slogan, tra aziende, governi, e i diversi attori del mondo dell'economia. Sono ottimista e penso che il vostro governo stia introducendo i giusti cambiamenti per migliorare il Paese. Il nostro impegno qui in Italia continua, indipendentemente da Brexit.

Brexit: è una Grande Crisi ma è diversa dalla Grande Crisi Finanziaria? Che tipo di crisi è quella che stiamo vivendo in questi giorni? Politica?
Il modo in cui io vedo Brexit... i cittadini britannici hanno votato per Brexit. Ma nessuno ora sa veramente che cosa porterà il futuro, nemmeno le persone che hanno sostenuto e voluto Brexit tante le potenziali implicazioni che ha. Brexit sta determinando molta incertezza nei mercati e nell'economia. Nel breve termine porterà ad un rallentamento dell'economia nell'Eurozona e nel Regno Unito ma non sappiamo ancora in che misura. Non credo che provocherà una recessione. Creerà incertezza.I mercati si chiedono cosa significa veramente Brexit e come sarà il negoziato dell'uscita: ci saranno rabbia e rappresaglie oppure ci saranno, come mi auguro, delle politiche ragionevoli? Questa incertezza continuerà inevitabilemente a pesare sull'economia.
Rispetto alla Grande Crisi, la situazione è diversa, il settore bancario globale è più solido ora. La questione vera ora è capire gli effetti di Brexit sull'economia dell'Eurozona, quali le implicazioni per il futuro dell'Eurozona e per un investitotre o un'impresa che intende investire direttamente nell'Eurozona. Dobbiamo adattarci a questo nuovo mondo ma c'è grande incertezza e che non sappiamo come sarà. Spero davvero che Brexit non assomigli neanche lontanamente alla Grande Crisi.
Nel frattempo JP Morgan continuerà a servire i propri clienti. Quello che voglio chiarire è che Brexit non cambia ciò che facciamo e che continueremo a fare, servire i nostri clienti in Italia, in Europa e nel mondo. Forse dovremo spostare alcuni dipendenti in un'entità legale nell'Eurozona per servire i clienti basati nella Ue.

Sposterete e potenzierete alcuni uffici a Milano?
Amo l'Italia. Una parte della mia famiglia ha origini italiane (sua nonna è metà italiana e metà greca, ndr) e vorrei passare più tempo qui. La domanda cruciale è il “passport rule”, un passaporto come quello che abbiamo ora a Londra che consente di operare con controparti Ue. Se sarà mantenuto anche nel dopo Brexit, allora non dovremo cambiare proprio nulla. Ma la Ue potrebbe imporre nuove condizioni sul Regno Unito, spingendo le banche a ridimensionare la loro presenza a Londra. Non sappiamo ancora cosa accadrà: lo scenario peggiore è che dovremo spostare alcune migliaia di dipendenti in altre sedi nell'Eurozona, anche se la maggior parte delle persone dovrebbe rimanere in Gran Bretagna.

LA STORIA DI JP MORGAN IN ITALIA

Per una banca globale come JP Morgan la location è tutto: avete chiuso mille ticket al secondo nelle ore successive al voto di Brexit. Le nuove tecnologie hanno funzionato?
JPMorgan c'è sempre per i suoi clienti. Quelle mille transazioni al secondo che ha menzionato mostrano esattamente questo. Le piattaforme di clearing sono molto veloci e molto efficienti per i nostri clienti. JP Morgan Chase spende 9 miliardi di dollari l'anno in tecnologia, per investimenti in nuovi sistemi, piattaforme di trading e per garantire la massima sicurezza (cyber security). Continueremo a fare “market making” fornendo ai mercati liquidità, concedendo finanziamenti indipendentemente dal momentaneo contesto di mercato.

E qual è il contesto adesso? I vostri clienti, cosa chiedono ora con Brexit? Sono nel panico?
Il mercato sa essere razionale. In futuro ci sarà più incertezza di quanto in molti si aspettassero: i mercati hanno reagito di conseguenza. È un modo di pensare e di agire razionale: il valore degli assets scenderà, i mercati si assumeranno meno rischio di credito. Il mondo si è razionalmente adeguato a questa nuova realtà. Dopo questa correzione a livelli più bassi, i mercati inizieranno a porsi nuove domande: ci sarà volatilità e i mercati reagiranno in modo diverso a seconda delle notizie.

Ci vorranno mesi per capire dove stiamo andando...
Forse anni! Non avremo vere risposte per molto tempo. Ci sono tanti trattati, tante norme, l'articolo 50 e altro ancora...

Il 2016 era iniziato già male per i mercati, preoccupati ora dalla Cina, ora dall'economia americana, ora dal Giappone...
Ho detto che qualche volta i mercati hanno ragione,valutano una nuova situazione e si adeguano. A gennaio e febbraio di quest'anno ho detto che i mercati stavano avendo una reazione eccessiva sull'economia in Cina e Usa. Alla fine la Cina cresce al 6% pur rimanendo volatile come moltissimi altri Paesi. E c'è stata troppa preoccupazione attorno al Giappone e alle prospettive dell'economia americana: ho pensato che i mercati stessero avendo una reazione eccessiva. L'economia americana sta reggendo bene, con un tasso di crescita al 2% circa, potrebbe rallentare, certo, ma rimarrà il segno positivo e questo è importante. Mi potrei sbagliare ma al momento non penso che Brexit allontanerà gli Usa da questo percorso di crescita.

E cosa dire del ruolo delle banche centrali in tutto questo? Ha detto che Draghi conosce le banche. Ma i tassi negativi danneggiano il sistema bancario...
Non sono un fan dei tassi negativi. E non sono convinto che si comprenda a fondo come funzionano nella vita reale. Ho detto e ripeto che Mario Draghi ha fatto un ottimo lavoro ma non può da solo compensare quello che deve fare la politica. È fondamentale che i policy makers introducano delle politiche adeguate per generare crescita; questo incide positivamente su lavoro, salari, riduce le ineguaglianze. I tassi negativi assottigliano i profitti del sistema bancario e diminuiscono la capacità di qualche banca di fornire credito. Anche i regolatori vogliono vedere banche solide e profittevoli: banche deboli e in perdita non portano a un'economia sana.

L'Italia sta provando a cambiare le regole europee, a renderle migliori per il sistema bancario ma anche per l'economia. Ma è difficile dialogare con l'Europa e tra Stati europei. Molto spesso ci viene detto che “questo non si può fare, quello non si può fare”. Lei come vede la situazione e che ricette ha per l'Europa adesso?
L'ho detto anche prima del voto, che nel caso di Brexit, l'uscita del Regno Unito avrebbe potuto essere l'occasione per portare l'Unione europea a fare cambiamenti in positivo, rafforzare la coesione e l'unione, ma in caso contrario avrebbe potuto anche alimentare un'ulteriore divisione. Sono favorevole a migliorare e rafforzare l'Unione europea, più mercato comune. Una maggiore separazione tra gli Stati europei avrebbe ripercussioni enormi. Spero che i politici comprendano che le proteste di molti europei relative alla burocrazia, alle rigidità del lavoro, alle normative che rallentano il flusso delle attività economiche sono legittime come quelle che hanno preoccupato i cittadini britannici: l'Europa dovrebbe ascoltare queste voci. Spero che gli europei non si limitino a sedersi ad un tavolo e negoziare, arrabbiarsi tra di loro invece di decidere di fare le cose più intelligenti, di essere “smart”. Gli europei dovrebbero pensare: ci sono proteste razionali e comprensibili alle quali dobbiamo rimediare per tutti i cittadini europei, non solo per gli inglesi. Forse si potrebbe persino tornare indietro su Brexit. Ci sono sempre soluzioni ai problemi, purché si mettano le persone giuste attorno ad un tavolo.

Forse però intorno al tavolo delle decisioni nell'Unione europea ci sono troppe persone?
Questo è un ottimo punto.
E Brexit? È un processo irreversibile?
Se stai acquistando una casa senza mai averla vista prima può accadere che – dopo averla vista - non ti piaccia e cambi idea. Non c'è nulla di sbagliato nel cambiare opinione. Si dovranno considerare tutti i dettagli concreti, i reali flussi di investimenti dall'estero, la complessità dell'articolo 50, la possibilità di rappresaglie, le complesse negoziazioni con 27 Paesi diversi. Dovrebbe emergere chiaramente che c'è un modo migliore di tutto questo e che Brexit è un territorio inesplorato. L'Unione europea dovrebbe promuovere il cambiamento per il bene di tutti.

Ci si può adattare a tutto, sui mercati? Anche a questa Brexit?
JP Morgan può adattarsi a tutti questi cambiamenti. Questa è la ragione per la quale siamo qui. Ci adattiamo ogni giorno, facciamo continuamente analisi per capire le implicazione su questo o quel settore, su questo o quel Paese. Dunque sarebbe molto saggio da parte dei policy makers agire in fretta e razionalmente, per evitare che i mercati e tutti inizino a pensare che da qui ad un anno o tra due anni la situazione potrebbe essere ancora molto complicata. Se questo fosse il caso, allora si verificherebbe un'ulteriore correzione, peggiore di quella avvenuto finora.

Servono soluzioni rapide... ma in Europa questo è proprio difficile! Non sarà un processo rapido. Ciò che gli europei possono fare è comunque prendere decisioni ponderate. Se fossi un policymaker europeo, penserei: come posso rendere l'Europa un posto migliore, con un'economia solida e sana, come posso migliorare la crescita. È fondamentale per il mondo intero che l'Europa sia forte, solida e con un'economia sana. Europa costituisce ovviamente un'economia più grande rispetto ai singoli Stati. La creazione dell'Eurozona ha rappresentato un processo molto complesso, alcuni errori erano inevitabili. E i momenti difficili sono arrivati. L'Europa è riuscita a restare unita per decenni di guerre. I tempi duri arrivano, prima o poi. Rimango ottimista: credo che ci sia la luce alla fine del tunnel e che le cose miglioreranno.

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