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Alla chiarezza servono anche corrette pratiche commerciali

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l’analisi

Alla chiarezza servono anche corrette pratiche commerciali

Per la trasparenza dei prodotti di investimento si sta aprendo una fase completamente nuova. Non solo per gli impegni che stanno assumendo le autorità e gli operatori dell’industria del risparmio a livello nazionale, ma anche a livello europeo, dove di recente per i cosiddetti prodotti “preassemblati” (gran parte di quello che è offerto ai risparmiatori) è stato varato un nuovo documento semplificato, il Kid (key information document), che impone trasparenza a livello di rischi, di costi e degli scenari di performance degli strumenti stessi. In tutto tre fogli in formato A4. Le indicazioni su come dovranno essere elaborate queste indicazioni sono molto precise e non dovrebbero esserci rischi di elaborazioni che pieghino l’informazione sintetica a fini più pubblicitari che informativi.

Il Kid è uno degli elementi della “trasparenza precontrattuale”, l’informativa che il cliente deve ricevere da chi colloca il prodotto finanziario prima che sottoscriva un contratto. Non si tratta dell’unico documento che l’investitore riceve e quindi sarebbe opportuno che venisse presentato separatamente dal mare di fogli che inevitabilmente (in ottemperanza a mille normative italiane e comunitarie) gli vengono consegnati. Un documento di trasparenza richiede una pratica coerente.

Eppure tra le autorità di regolazione e gli esperti del settore l’idea che la trasparenza sia sufficiente a creare un risparmiatore consapevole e pienamente padrone delle sue scelte, è da tempo superata. E al concetto di trasparenza si è affiancato quello di “adeguatezza e appropriatezza”, ovvero non basta che il cliente sia (teoricamente) informato di tutto, ma anche che i prodotti finanziari che si trovano nel suo portafoglio siano coerenti con le sue caratteristiche, il suo profilo di rischio e così via. Questo è stato il contributo della Mifid, la direttiva europea sui mercati finanziari. Anche questo passaggio si è però mostrato insufficiente: le modalità per raccogliere le informazioni sulle caratteristiche dei clienti sono avvenute in modo non sempre accurato e i profili di rischio sono stati a volte forzati per arrivare comunque alla vendita di certi prodotti. Per questo la nuova versione della Mifid, che entrerà in vigore agli inizi del 2018, prevede che quando l’industria finanziaria concepisce un prodotto da mettere sul mercato, deve già avere fin dal principio chiaro a chi potrà essere venduto e averlo “in catalogo” solo per coloro i quali sia appropriato. Qualche anticipo in Italia si è già visto con la comunicazione della Consob del dicembre 2014 sui prodotti complessi. Il codice etico proposto dall’Abi (si vedano gli altri articoli in pagina) sarà un altro ausilio in questo senso.

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