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Rcs, quella battaglia persa da Bonomi in tre giorni

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editoria

Rcs, quella battaglia persa da Bonomi in tre giorni

All’interno della cordata uscita sconfitta dalla contesa per Rcs si mastica amaro. L’Opa promossa da Imh - Andrea Bonomi con i soci storici Diego Della Valle, Mediobanca, Unipol-Sai e Pirelli - partiva avvantaggiata con una base iniziale del 22,6%. Ma non è riuscita a intercettare le azioni che erano state rastrellate da hedge fund e arbitraggisti che avrebbero dovuto essere gli interlocutori naturali di un’offerta tutta per contanti e a prezzi più che doppi rispetto a solo qualche mese fa. Questa categoria di operatori finanziari, a quanto risulta, aveva raccolto all’incirca il 15% del capitale di Rcs che poi, per le riserve della cordata a trasformare l’Opa da volontaria a obbligatoria (l’obbligo sarebbe scattato al superamento della soglia del 25%) e la volontà degli hedge di monetizzare i pacchetti senza incertezze sull’esito della contesa, hanno riversato le loro azioni sul mercato, in particolare nei primi tre giorni della settimana scorsa quando in Borsa è girato più del 24% del capitale di Rcs. Imh sarà sciolta e qul pacchetto di poco più del 2% acquistato sul mercato sarà suddiviso tra i soci. Tutti, con l’eccezione di Bonomi che non era azionista di Rcs, al momento non avrebbero intenzione di vendere.

C’è stata discussione fino a notte fonda prima di alzare bandiera bianca. Alla fine ha prevalso la volontà dell’azionista di maggioranza (al 45%) dellla cordata, Andrea Bonomi che, svolgendo attività di private equity e non essendo esposto sul fronte Rcs, non ha voluto restare impigliato in un contenzioso dai tempi e dall’esito incerto. Così Imh - il veicolo che ha lanciato l’Opa a 1 euro sulla casa che edita il Corriere della Sera - ha dichiarato che l’obiettivo dell’offerta - raggiungere il 66,7% del capitale - non era stato centrato e dunque che, a offerta decaduta, non avrebbe ritirato comunque le azioni apportate all’Opa.

La battaglia in realtà era già stata persa nei primi tre giorni della settimana scorsa, quando gli hedge fund-arbitraggisti hanno preferito monetizzare le loro posizioni riversando le azioni Rcs sul mercato, quando nel frattempo le quotazioni di Borsa si erano avvicinate al prezzo di 1 euro. Nei tre giorni utili per la consegna dei titoli alle offerte (salvo accordi differenti, i tempi di liquidazione standard sono di due giorni) è infatti girato più del 24% del capitale di Rcs.

A quanto si apprende, la quota rastrellata da questa categoria di operatori finanziari sarebbe stata addirittura dell’ordine del 15%, un pacchetto complessivo che, nell’incertezza su chi avesse prevalso, era stato di fatto messo in vendita. Anche qui sull’opportunità di comprare fuori Opa e di fatto chiudere la partita ci sono state discussioni in seno alla cordata. E anche qui ha prevalso la volontà di Bonomi di non fare infrazioni nelle regole del gioco. Poichè la cordata partiva già col 22,6% complessivo in mano ai soci storici di Rcs Diego Della Valle, Mediobanca, UnipolSai e Pirelli, comprare direttamente dal mercato avrebbe voluto dire trasformare l’Opa da volontaria a obbligatoria. Al superamento del 25% sarebbe scattato infatti l’evento di cambio del controllo, con la necessità di ottenere l’assenso unanime dal pool di banche creditrici di Rcs, di cui è capofila Intesa-SanPaolo che oltre a essere l’istituto più esposto è anche advisor, con Banca Imi, dell’Opas di Cairo Communication. E il rischio, sollevato anche dai legali, sarebbe stato quello della sospensione dell’Opa concorrente, mentre appunto era in corso l’altra offerta mista.

Ora la scatola Imh probabilmente sarà sciolta e quel pacchetto di poco più del 2% di Rcs comprato sul mercato in corso d’Opa sarà distribuito pro-quota tra gli azionisti. Non ci sarà bisogno invece di restituire le partecipazioni originarie dei soci storici, perchè le quote sarebbero state conferite solo nel caso di successo dell’offerta che invece non è andata a segno. Della Valle ha sempre detto di non voler cedere la sua quota. Gli altri soci, che pure avevano posizioni differenti in passato, al momento sarebbero orientati a mantenere le azioni in portafoglio. Mediobanca aveva iniziato lo smantellamento della partecipazione, che era arrivata oltre il 15%, fermandosi poi al 6,25% che ancora detiene. Pirelli aveva messo la quota della casa editrice tra le partecipazioni potenzialmente da dismettere, ma per ora non avrebbe intenzione di vendere. Unipol ha ereditato la quota da Fondiaria-Sai, ma è probabile che al momento resti in attesa.

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